Vediamo prima di tutto quali sono i componenti principali del sistema camera/obiettivo, tenendo presente che una telecamera, così come una cinepresa, è sostanzialmente una fotocamera che scatta immagini a cadenza costante. Questa cadenza è così rapida, le immagini al secondo sono così tante che quando le guardiamo in sequenza a una velocità di 24 al secondo o superiore non riusciamo a percepirle come fotogrammi singoli e viviamo l’illusione del movimento. Il numero di frame al secondo di una sequenza video è chiamato frame rate e viene spesso indicato con l’acronimo di frame per second, ossia fps. In campo cinematografico il frame rate più utilizzato è da circa un secolo 24 fps ma con l’avvento del digitale i 25 fps stanno trovando un crescente impiego.
Le lenti hanno la funzione di indirizzare la luce sul sensore, sono il primo filtro tra il nostro sguardo e il mondo che ci circonda.
Il diaframma ha il compito di ridurre il foro attraverso il quale la luce viene fatta passare prima di raggiungere il sensore. La dimensione di questo foro, detto pupilla d’ingresso, determina sia la quantità di luce che raggiunge il sensore sia la profondità di campo. Più ampio è il foro, più luminosa è l’immagine acquisita e minore è la profondità di campo; più stretto è il foro, più scura è l’immagine acquisita e maggiore è la profondità di campo. Il diaframma è sempre collocato nell’immediata prossimità del centro ottico dell’obiettivo, che è dove i raggi luminosi vengono fatti convergere dalle lenti. Questa posizione permette al diaframma di potersi chiudere senza limitare l’angolo di campo dell’obiettivo.
La profondità di campo è l’estensione della zona sufficientemente a fuoco all’interno di un’immagine. Essendo un’estensione che si misura appunto nel senso della profondità, fa riferimento al mondo reale, è la distanza tra il piano accettabilmente a fuoco più vicino alla camera e quello più lontano. La si indica in millimetri, centimetri o metri in base alle grandezze con le quali si ha a che fare.
La distanza tra il piano focale e il centro ottico di un obiettivo viene definita lunghezza focale. Questa misura, espressa in millimetri e riferita all’obiettivo messo a fuoco su infinito, è utilizzata per distinguere i vari obiettivi, che quindi prendono il nome di 20mm, 50mm e così via.
Quando un obiettivo è impostato su distanze di fuoco diverse da infinito, la sua lunghezza focale può variare anche in maniera sensibile, tutto dipende dallo schema ottico, da come le lenti si spostano durante la focheggiatura. In alcuni obiettivi la variazione di focale durante la messa a fuoco è così evidente da produrre un effetto zoom detto focus breathing.
La lunghezza focale determina l’angolo di campo che un dato obiettivo è in grado di coprire su un dato sensore. Più corta è la lunghezza focale, maggiore è l’angolo di campo. Più piccolo è il sensore, minore è l’angolo di campo.
L’angolo di campo è l’ampiezza del campo visivo offerto da un determinato obiettivo su un determinato sensore. Trattandosi di un’estensione angolare viene indicata in gradi e può essere misurata in senso orizzontale, verticale o diagonale. In base all’angolo di campo coperto in senso diagonale, ogni obiettivo acquista una particolare definizione in relazione al sensore in uso. Vediamo quali sono queste definizioni e consideriamo degli esempi in riferimento al formato Full Frame:
Categorie fondamentali degli obiettivi
Identificazione / categoria | Angolo di campo diagonale | Lunghezza focale d’esempio su Full Frame | Angolo di campo diagonale su Full Frame |
Super tele | Fino a 8° | 400mm | 6° |
Teleobiettivo | 9-25° | 200mm | 12° |
Medio tele | 26-50° | 85mm | 28° |
Normale | 51-55° La misura esatta è 53° | 43mm | 53° |
Grandangolare | 56-90° | 28mm | 75° |
Super grandangolare | 91-110° | 20mm | 94° |
Ultra grandangolare | Oltre 110° | 14mm | 114° |
Per avere un’idea di quanto le dimensioni del sensore influiscano sull’angolo di campo coperto da un obiettivo è sufficiente pensare che il normale del formato Micro 4/3 è il 22mm. Uno stesso obiettivo può quindi essere un super tele come un super grandangolare, tutto dipende dal sensore sul quale viene utilizzato. Per approfondire questo argomento: Resa prospettica, angolo e profondità di campo
Alla luce di tutto quanto sopra possiamo concludere che la categoria di appartenenza di un obiettivo è legata a un sensore di riferimento e deriva dall’angolo di campo che tale obiettivo è in grado di coprire su tale sensore. Sulla sola base della lunghezza focale, senza un formato di riferimento, non è possibile definire un obiettivo in termini di grandangolo, normale o tele.
Il piano focale o piano di fuoco corrisponde al sensore o alla pellicola, è il piano sul quale i raggi luminosi catturati dall’obiettivo vengono messi a fuoco e creano l’immagine da acquisire.
Ogni obiettivo è progettato per mettere a fuoco i raggi luminosi su un piano che si trovi a una certa distanza dal suo punto d’innesto al corpo macchina. Questa distanza è detta tiraggio.
La montatura, chiamata anche innesto, connessione o attacco, è ciò che connette fisicamente l’obiettivo al corpo macchina. Esistono numerose tipologie di montature, sia a vite che a baionetta.
Il tiraggio e il tipo di montatura determinano la compatibilità tra un obiettivo e un corpo macchina.
Per approfondire questo argomento: Il tiraggio e gli anelli adattatori
La luce, uscita dalla lente posteriore dell’obiettivo e attraversata la montatura, giunge al corpo macchina e incontra l’otturatore. L’otturatore è come una palpebra che si apre e si chiude permettendo alla luce di raggiungere il sensore ed esporre ogni singolo fotogramma solo per il tempo stabilito dall’utente. Più a lungo l’otturatore resta aperto, più luminosa è l’immagine acquisita. Il tempo per il quale l’otturatore resta aperto viene definito tempo di otturazione, velocità di otturazione, tempo di posa o, in campo fotografico, tempo di scatto o velocità di scatto.
Mentre nelle cineprese è effettivamente presente e in funzione un otturatore meccanico, in campo digitale il ruolo dell’otturatore è svolto dal sensore stesso, che si attiva e disattiva per il tempo necessario ad acquisire ogni singolo fotogramma. Il sensore può svolgere la funzione di otturatore in due modi: attivandosi e disattivandosi interamente o attivando e disattivando in sequenza le file di fotositi che lo compongono. Nel primo caso si parla di global shutter e nel secondo caso, molto più diffuso, di rolling shutter. Per approfondire: Rolling shutter vs global shutter
Oltre a influire sull’esposizione, il tempo di otturazione determina il motion blur, ossia la sfocatura dell’immagine generata dal’eventuale movimento sia dei soggetti ripresi che della camera. Più rapido è il tempo di otturazione, minore è il motion blur. La motivazione è intuitiva: meno tempo viene impiegato per esporre il fotogramma, minore è la porzione di movimento che in esso viene registrata e di conseguenza più definita appare l’immagine acquisita. Per ottenere un filmato con un motion blur naturale, così come siamo abituati a percepirlo al cinema, il tempo di otturazione in fase di ripresa dev’essere impostato tra 1/45 e 1/55″. Abitualmente si utilizza 1/48″ quando si gira a 24 fps e 1/50″ quando si gira a 25 fps. Quando si impiegano tempi di otturazione più lenti accade che nella riproduzione del filmato il movimento risulti troppo indefinito, mentre con tempi più veloci risulta scattoso. Le cose cambiano quando si scelgono frame rate elevati al fine di realizzare dei ralenti, ma di questo si discute in un diverso articolo: Angoli e tempi di otturazione, motion blur, fps e ralenti
Superato l’otturatore, la luce raggiunge il sensore. Questo può essere impostato a diversi livelli di sensibilità, indicati come ISO. Maggiore è la sensibilità, più luminosa risulta l’immagine acquisita. Va considerato che più si alzano gli ISO al di sopra del livello base, peggiore è la qualità dell’immagine acquisita, in particolare per quanto concerne la presenza di rumore digitale.
Per approfondire: Gamma dinamica, rumore e sensibilità ISO
In sintesi:
Il diaframma determina la quantità di luce che raggiunge il sensore e la profondità di campo. Più lo si apre, maggiore è la luce che passa e minore è la profondità di campo nell’immagine acquisita.
Il tempo di otturazione stabilisce per quanto tempo la luce deve raggiungere il sensore durante la creazione di ogni singolo fotogramma e determina il livello di motion blur presente nell’immagine acquisita. Più veloce è il tempo di otturazione, meno luce viene raccolta dal sensore e minore è il motion blur nell’immagine acquisita.
Gli ISO indicano la sensibilità alla luce del sensore: più sono alti, meno luce è necessaria al sensore per creare l’immagine. Per la massima qualità d’immagine è necessario utilizzare la sensibilità ISO di base, detta anche nativa, abitualmente specificata dal produttore o corrispondente al valore più basso tra quelli selezionabili.
La lunghezza focale di un obiettivo determina l’angolo di campo che questo è in grado di coprire su un determinato sensore. Maggiore è la lunghezza focale, minore è l’angolo di campo. Più grande è il sensore in uso, maggiore è l’angolo di campo coperto dall’obiettivo.
Il frame rate è il numero di fotogrammi al secondo che la camera registra. Se è pari o superiore ai 24 fps il filmato acquisito crea l’illusione del movimento e non appare come una sequenza di fotogrammi quando viene riprodotto.
Ecco uno schema per visualizzare il percorso della luce dal mondo esterno al sensore della camera:
Modificando il diaframma, il tempo di otturazione e la sensibilità ISO possiamo fare in modo che al sensore giunga la quantità di luce necessaria affinché l’immagine acquisita risulti esposta esattamente come vogliamo.
Il parallelo più immediato è con l’acqua. Il diaframma è il rubinetto e l’otturatore stabilisce per quanto tempo il rubinetto resta aperto. Se abbiamo un rubinetto grande, sarà sufficiente tenerlo aperto meno tempo; se il rubinetto è piccolo, basterà tenerlo aperto più tempo per far passare la stessa quantità di acqua. In quest’analogia gli ISO indicano la dimensione del bicchiere da riempire: più sono alti, più il bicchiere è piccolo e meno acqua è necessaria per riempirlo.
Per un approfondimento sull’utilizzo di ISO, tempi e diaframmi in campo cinematografico: Il triangolo dell’esposizione e la continuità visiva
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Il triangolo dell’esposizione