Un minimo di storia, i programmi più utilizzati e i concetti base della correzione colore:
Dal telecinema a DaVinci Resolve
In ambito video la correzione colore iniziò sui sistemi telecinema, tuttavia la color grading come la intendiamo oggi nacque a fine anni ’90 coi primi film scansionati, acquisiti su computer ed elaborati digitalmente, ossia Pleasantville e Oh Brother, Where Are Thou?.
Il software che portò la color grading nel mondo del cinema indipendente fu Apple Color. Questo programma era in sostanza il famoso e costosissimo Final Touch, che Apple acquistò nel 2006 e integrò nel 2009 col nuovo nome all’interno di Final Cut Studio senza costi aggiuntivi.
Sempre nel 2009 BlackMagic acquisì da Vinci Resolve, il principale sistema di color correction impiegato nel telecinema, oggi divenuto il popolarissimo DaVinci Resolve, il software di color grading più diffuso nel cinema indipendente grazie alla varietà e alla qualità degli strumenti offerti, a fronte di un prezzo estremamente contenuto. Anche la presenza di una versione gratuita, liberamente scaricabile dal sito BlackMagic e dotata di gran parte delle funzioni della versione completa, ora chiamata Studio, ha sicuramente contribuito alla popolarità di questo programma.
I software
Tutti i programmi dedicati alla color grading, tra i quali i più famosi sono indubbiamente DaVinci Resolve e Baselight, utilizzano grosso modo lo stesso tipo di strumenti. A cambiare sono le interfacce grafiche e l’impostazione di base del software, che può fondarsi su un sistema a nodi o a livelli. Nelle informazioni a seguire, per praticità, farò riferimento solo ai nodi, ma le stesse indicazioni valgono per i programmi che utilizzano il sistema dei livelli, reso popolare dai software di fotoritocco, Photoshop in primis.
Il processo di color grading
Color correction
In questa prima fase si interviene sul rumore digitale, l’esposizione e il bilanciamento del bianco, al fine di correggere eventuali errori di ripresa e uniformare il materiale. Un girato omogeneo in termini di rumore digitale, luminosità e cromia rende il processo di color grading molto più semplice. Spesso è già in questa fase che si conferisce all’immagine un buon livello di contrasto e saturazione.
Color grading
In questa seconda fase si conferisce un look al girato. Si lavora su colore, contrasto e luminosità per confermare la paletta colori e il mood prestabiliti.
Color correction e color grading possono contemplare due diversi tipi di interventi:
Color primaria
La color primaria coinvolge l’immagine nel suo complesso. Luminosità, contrasto, saturazione e bilanciamento cromatico vengono alterati in relazione all’intero frame.
Color secondaria
Alla color secondaria appartengono gli interventi selettivi, quelli che prendono come riferimento solo una porzione specifica del frame. Questa porzione può essere determinata sia in termini geometrici che di intervalli luminosi o cromatici, tramite maschere, qualifiche o curve secondarie come la Hue vs. Hue. Spesso i due metodi di selezione vengono usati insieme, ad esempio selezionando un intervallo cromatico all’interno di una maschera, magari animata in tracking. Uno dei numerosi campi di applicazione di questa tecnica è la correzione dell’incarnato di un attore all’interno di una scena: si crea una maschera sul suo volto nel primo frame della clip in lavorazione, si seleziona l’intervallo cromatico della pelle, si applica la correzione e infine si effettua il tracking della maschera così che resti ancorata al volto per tutta la scena.
Gli interventi di color primaria e secondaria possono essere di due tipi:
Color statica
Un effetto statico agisce in maniera costante per tutta la durata della clip.
Color dinamica
Un effetto dinamico varia nel corso della clip.
Un effetto statico inserito all’interno di una maschera in tracking, per quanto in movimento, non è considerato dinamico; per essere tale, l’effetto stesso deve variare.
Immaginiamo che nel corso di una ripresa una nuvola sia passata davanti al sole, abbassando per alcuni secondi luminosità e contrasto. Volendo mantenere i livelli luma costanti dovremo intervenire con un dinamico, magari inserendo una curva che da un certo punto in poi della clip va ad alzare progressivamente esposizione e contrasto, per poi, dopo qualche secondo statico, tornare gradualmente alla posizione iniziale.
Questo intervento potrebbe essere realizzato anche semplicemente gestendo l’opacità del nodo nel quale si trova la curva. Potremmo ad esempio disegnare in un nodo una sola curva in grado di correggere i frame più bui, mandare in dinamico l’opacità del nodo partendo da zero, farla arrivare al 100% quando la nuvola ha completamente coperto il sole, lasciarla alla massima intensità per il tempo necessario e farla tornare allo 0% una volta che la nuvola ha completamente scoperto il sole. Altre volte la cosa è più complessa ed è necessario modificare più effetti separatamente e a diverse velocità, creando numerosi keyframe e maschere all’interno di uno o più nodi.
La riduzione del rumore
Abitualmente si preferisce applicare la riduzione del rumore sul primo nodo della sequenza affinché tutti gli altri effetti lavorino su un’immagine pulita. Lo sharpening viene sempre applicato dopo il denoiser perché altrimenti andrebbe ad accentuare il rumore. Essendo il denoiser uno degli effetti più pesanti sia per la scheda video che per il processore è norma che un nodo venga dedicato esclusivamente a questo effetto; ciò permette al colorist di tenere tale nodo disattivato per la maggior parte del tempo, alleggerendo il lavoro della GPU e della CPU. Il nodo in questione viene riattivato di quando in quando per visualizzare nella sua completezza la color realizzata.
Il protocollo di lavoro
Raramente il processo della color è lineare. È norma che i vari tipi di interventi si alternino più volte. È uso comune iniziare con una color correction primaria, ma da qui in poi ogni colorist sceglie il suo percorso in base alle proprie preferenze e alle esigenze del girato. In una sequenza di nodi è frequente che un nodo con effetti di color secondaria sia seguito da un nodo con effetti di color primaria, seguito a sua volta da un altro nodo di color secondaria. L’importante è che nel corso del lavoro si riesca a mantenere ordine, a trovare il giusto compromesso tra il minor numero di nodi e la massima separazione dei singoli interventi; questo affinché osservando il node tree (l’insieme dei nodi applicati a una singola clip) sia facile comprendere il lavoro fatto e intervenire per modificarlo se necessario.
Un node tree composto da dieci nodi privi di etichetta, magari con effetti che si contraddicono tra di loro (un nodo che alza la temperatura colore di 500 e un altro, tre nodi dopo, che la abbassa di 750) diventa difficilissimo da leggere e gestire; è improbabile che decideremo di salvarlo per applicarlo ad altre clip. Un node tree pulito e semplice, invece, spesso può essere facilmente adattato a numerose clip di uno stesso lavoro.
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