Fps, tempo di otturazione e motion blur
Chiariamo prima di tutto cosa sono gli fps (acronimo di frames per second) e il tempo di otturazione.
Gli fps indicano il frame rate, ossia da quanti fotogrammi è composto ogni secondo di una sequenza filmica. Girando a 24 fps si ottiene quindi un filmato composto da 24 fotogrammi ogni secondo, il che significa che il tempo massimo a disposizione della camera per acquisire un singolo fotogramma è 1/24″.
Il tempo di otturazione stabilisce per quanto tempo il sensore viene esposto alla luce durante l’acquisizione di ogni singolo fotogramma. Ne deriva che girando a 24 fps il tempo di otturazione più lungo utilizzabile è 1/24″. Il tempo di otturazione viene raramente indicato come tempo di esposizione, sebbene sia questa seconda denominazione la più conforme dal punto di vista letterale nonché la più intuitiva.
Il tempo di otturazione determina il motion blur presente all’interno di ogni fotogramma e di conseguenza nel filmato finale. Tempi di otturazione estremamente veloci possono anche congelare il movimento all’interno dei singoli fotogrammi e produrre filmati dall’aspetto scattoso, mentre i tempi di otturazione più lenti possono amplificare il motion blur sino a rendere il filmato innaturalmente fluido e indefinito. Il motion blur cinematografico è prodotto da un tempo di otturazione compreso tra 1/45 e 1/55″.
Per quanto riguarda il frame rate, quando si utilizzano velocità inferiori ai 24 fps l’illusione del movimento decade e il filmato viene percepito come una sequenza di fotogrammi, mentre utilizzando frequenze superiori ai 25 fps il filmato tende a risultare troppo fluido per apparire cinematografico.
L’otturatore rotante e la regola dei 180°
Nelle telecamere cinematografiche i tempi di otturazione possono essere indicati sia come frazioni di secondo che come gradi angolari. Questi ultimi si basano sul concetto di otturatore rotante, che è il tipo di otturatore montato sulle cineprese. Questo meccanismo presenta una porzione di disco più o meno ampia che compie un giro completo per ogni fotogramma di pellicola che viene fatto scorrere. Più grande è la porzione mancante del disco, per più tempo il fotogramma resta esposto alla luce e più lungo è il tempo di otturazione. Tecnicamente dovremmo definirlo tempo di esposizione più che di otturazione, ma per qualche motivo viene abitualmente preferita la definizione controintuitiva.
Da sempre l’otturatore rotante più usato in campo cinematografico monta la cosiddetta mezzaluna, ossia un mezzo disco. Coprendo un angolo di 180° la mezzaluna lascia il fotogramma esposto alla luce per metà della propria rotazione, ossia per un tempo pari alla metà del frame rate. Ecco quindi che i 180° corrispondono a 1/48″ quando si gira a 24 fps, a 1/50″ quando si gira a 25 fps, a 1/1000″ quando si gira a 500 fps e così via. Dal momento che per tradizione il cinema è fatto da 24 fps, la stragrande maggioranza dei film è stata girata a 1/48″ e questo è divenuto il tempo di otturazione standard della ripresa filmica, quello che crea il grado di motion blur che siamo abituati a vedere al cinema. Negli ultimi anni, con la diffusione del digitale, anche i 25 fps e l’1/50″ stanno approdando nelle sale ed è veramente difficile distinguere una proiezione di questo tipo da una classica 24 fps esposta a 1/48″. La differenza è minima sia in termini di frame rate che di motion blur.
Dai gradi angolari ai tempi di otturazione
Dal momento che i gradi angolari indicano la porzione di cerchio assente, è chiara la corrispondenza tra angoli e tempi di otturazione. Un angolo di 90° lascia scoperto solo 1/4 di cerchio e di conseguenza rappresenta un tempo 4 volte inferiore al frame rate; un angolo di 180° lascia scoperto 1/2 cerchio e pertanto corrisponde a un tempo dimezzato rispetto al frame rate; un angolo di 360° lascia scoperti 4/4 di cerchio e quindi indica un tempo pari al frame rate. E così via.
Da notare che mentre il digitale permette un angolo di otturazione di 360°, lavorando in pellicola questo non è possibile perché il trascinamento della pellicola stessa, per quanto rapido possa essere, richiede un tempo che va sottratto a quello disponibile per l’esposizione.
Un angolo di otturazione può essere convertito in tempo di otturazione con la seguente formula:
Tempo\:di\:otturazione = \frac{Angolo\:di\:otturazione}{(360 \cdot fps)}Di conseguenza:
Angolo\:di\:otturazione = Tempo\:di\:otturazione \cdot (360 \cdot fps)Il vantaggio di utilizzare i gradi angolari anziché le frazioni di secondo per impostare i parametri di otturazione quando si usa una camera digitale è quello di lasciare che sia la camera stessa a impostare in automatico un tempo di otturazione pari alla metà del frame rate selezionato, così da produrre un filmato dotato del livello di motion blur che siamo abituati a vedere al cinema. Questo discorso però vale solo finché si utilizzano le velocità fps standard di 24 o 25 fps o quando si utilizzano frame rate più elevati per ottenere dei ralenti. Se si utilizzano frame rate elevati con l’intenzione di riprodurre il filmato alla stessa velocità fps alla quale è stato acquisito le cose cambiano.
L’effetto ralenti
Per ottenere un effetto ralenti si utilizzano in fase di ripresa dei frame rate superiori a quello che sarà impiegato per la riproduzione. Ad esempio, volendo realizzare un ralenti a velocità dimezzata in un film che sarà riprodotto a 25 fps, in fase di ripresa si impostano 50 fps. Così facendo si dispone di un filmato con 50 fotogrammi all’interno di ogni secondo e nella riproduzione a 25 fps ogni secondo acquisito dura il doppio. Se si vuole ridurre a 1/4 la velocità della scena si impostano invece 100 fps e così via. Anche in questi casi, per ottenere una riproduzione dei movimenti come si è abituati a vedere al cinema, si utilizza un tempo di otturazione pari alla metà del frame rate e quindi 1/50″ per i 25 fps, 1/100″ per i 50 fps, 1/200″ per i 100 fps eccetera.
Frame rate elevati, tempi di otturazione e motion blur
Tuttavia, se si gira a 50 fps per una proiezione a 50 fps, il motion blur più vicino a quello cinematografico è sempre prodotto da un tempo di otturazione di 1/50″. Seguire la regola dei 180° e utilizzare un tempo di otturazione di 1/100″ darebbe luogo a un filmato in cui i movimenti apparirebbero scattosi perché i singoli fotogrammi risulterebbero eccessivamente definiti.
È chiaro che salendo col frame rate il tempo di otturazione minimo utilizzabile diventa sempre più alto e che superati i 50 fps non è più possibile ottenere un motion blur cinematografico a meno che non si stia realizzando un ralenti.
Osservazioni finali sulla regola dei 180°
La regola dei 180° nasce dalla tradizione analogica, dagli otturatori rotanti e dal fatto che il cinema, per circa un secolo, ha viaggiato unicamente a 24 fps; di conseguenza, se si utilizzavano in fase di ripresa dei frame rate più elevati di 1/48″ era solo per ottenere un effetto ralenti in fase di proiezione. Oggi che è possibile non solo girare ma anche riprodurre un film a frame rate superiori ai 24 o ai 25 fps la regola dei 180° rivela i propri limiti.
La regola dei 180° viene spesso declinata in in video il tempo di otturazione dev’essere il doppio del frame rate. Si parla di doppio del frame rate anziché di metà del frame rate perché si considerano i numeri anziché la misura temporale che questi indicano: il 25 di 25 fps viene contrapposto al 50 di 1/50″, il 50 di 50 fps viene contrapposto al 100 di 1/100″ e così via.
Quindi: la regola dei 180°, detta anche regola del doppio del frame rate, trova ragion d’essere solo quando il delivery è a 24 o 25 fps. In ogni altro caso il solo fattore da considerare per quanto concerne la riproduzione cinematografica del movimento è che il tempo di otturazione che produce un motion blur cinematografico è 1/48″. Ne deriva che tutti i tempi di otturazione tra 1/40 e 1/55″ sono accettabili al fine di riprodurre il movimento in maniera cinematografica in quanto differiscono di meno di 1/10″ dalla misura ideale.
Il tempo di otturazione ideale per accelerare il girato in post produzione
Quando si effettuano delle riprese sapendo che in fase di montaggio queste saranno accelerate, come può accadere quando si girano delle scene di combattimento particolarmente complesse e pericolose, è utilile impostare il tempo di otturazione più lento possibile. In questo modo, anche se gli attori eseguono i movimenti a velocità ridotta, il motion blur delle immagini acquisite potrà risultare coerente con la velocità di riproduzione accelerata dal montaggio.
Quando è utile evitare 1/48″
- Per i ralenti. Applicando la regola dei 180° i ralenti risultano più naturali in quanto caratterizzati da un piacevole grado di motion blur.
- Per gli effetti visivi. Sostituire un green screen, stabilizzare una ripresa, effettuare un tracking, eseguire del rotoscoping, sono tutti processi più semplici quando il filmato da lavorare presenta un basso livello di motion blur. Non è raro che il motion blur venga poi riportato a livelli normali nelle fasi finali della post produzione utilizzando degli specifici effetti d’interpolazione.
- Per evitare problemi di flickering o rolling bands. Le luci artificiali possono creare effetti indesiderati quando si gira a determinati frame rate, ma non di rado è possibile evitare il problema semplicemente modificando il tempo di otturazione.
- Per scelta espressiva. In moltissimi film il motion blur è stato ridotto per sottolineare il dinamismo di una scena d’azione o accentuato per caratterizzare una sequenza onirica.
- Per le accelerazioni. Utilizzando un tempo di otturazione più lungo del normale si possono acquisire immagini con movimenti lenti ma dotati del motion blur caratteristico dei movimenti più veloci e quindi coerente con la velocità di riproduzione accelerata dal montaggio.
Step-framing e frame-skipping
La tecnica dello step-framing si fonda su un drastico abbassamento del frame rate in fase di ripresa, allo scopo di alterare in maniera significativa la riproduzione del movimento.
Girando ad esempio ad 8 fps e riproducendo le immagini al classico 24 fps, ciò che si ottiene è una rappresentazione del movimento decisamente scattosa; questo perché il girato non contiene un sufficiente numero di fotogrammi al secondo da creare quell’illusione di fluidità alla quale il cinema ci ha abituato.
Se al frame rate ridotto si abbina un tempo di posa particolarmente lungo – come per ovvie ragioni è possibile solo quando si lavora con un basso numero di fotogrammi al secondo – la sequenza filmica può apparire non solo frammentata ma anche caratterizzata da un elevato motion blur. Se la camera e i soggetti sono in rapido movimento durante le riprese e il tempo di posa selezionato è molto lungo, è persino possibile che i fotogrammi non contengano altro che delle strisciate di colore. Questa particolare tipologia di step-framing è stata ampiamente utilizzata nel film Hong Kong Express di Wong Kar-wai.
La tecnica dello step-framing prende il nome di frame-skipping quando viene realizzata in fase di montaggio anziché di ripresa. Se non si ha esigenza di utilizzare tempi di posa particolarmente lunghi, questa soluzione è abitualmente la prescelta perché offre un maggior controllo sulla riproduzione del movimento. Si gira utilizzando il classico 24 fps – 1/48″ e poi, in montaggio, si tolgono quanti e quali frame si vogliono. Questa tipologia di step-framing ha trovato e trova ancora larghissimo impiego soprattutto nel genere horror, in particolare per rendere più innaturali ed erratici e di conseguenza inquietanti i movimenti del mostro di turno.
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