La gamma dinamica di una camera viene espressa in stop e indica il massimo intervallo di luminosità che il suo sensore è in grado di registrare.
Tralasciando alcune variabili che affronteremo tra un momento, il concetto di gamma dinamica può essere esemplificato come segue: se in una stanza ci sono 10 stop di differenza tra le zone più luminose e quelle più buie, utilizzando un sensore con una gamma dinamica di 10 stop saremo in grado di riprendere quell’ambiente acquisendo informazioni sia nelle zone più chiare che in quelle più scure. Utilizzando un sensore con 9 stop di gamma dinamica, invece, saremo costretti a sacrificare o le ombre più scure, lasciando che diventino nere, o le alteluci più luminose, lasciando che raggiungano il bianco. Esponendo per le ombre si perdono le alteluci, esponendo per le alteluci si perdono le ombre.
La gamma dinamica è come una coperta che si stende sull’inquadratura; quando non è abbastanza ampia bisogna scegliere cosa coprire.
Poniamo allora di utilizzare una camera con 10 stop di gamma dinamica.
Questo significa che un’inquadratura con 10 stop di contrasto può risultare correttamente esposta in ogni sua zona? No.
Questo significa che le zone sovra o sottoesposte di 5 stop possono essere recuperate in post produzione? No.
Questo significa semplicemente che le zone sovraesposte di 5 stop e quelle sottoesposte di 5 stop non diventano completamente bianche né completamente nere, ma contengono ancora informazioni. E’ quindi lecito aspettarsi che le zone sovraesposte o sottoesposte di 1 stop siano completamente recuperabili in fase di post produzione.
In sostanza, più ampia è la gamma dinamica offerta dalla camera, più ricche d’informazioni risultano le immagini acquisite e maggiori sono i margini di recupero in caso di sovra o sottoesposizione.
Le possibilità di recupero sono strettamente legate anche al soggetto ripreso: un elemento così ricco di sfumature e così familiare per lo spettatore come un volto umano è sicuramente più difficile da ripristinare rispetto a un tavolo monocromatico.
Finora abbiamo considerato la gamma dinamica come un intervallo equamente distribuito tra sovraesposizione e sottoesposizione, ma raramente è così. Nelle videocamere cinematografiche è norma che il grigio medio, ossia il centro dell’intervallo dinamico, venga rimappato in base alla sensibilità ISO selezionata, cosicché sia possibile conservare tutta l’estensione della gamma dinamica a tutte le sensibilità ISO selezionabili. In queste camere lavorare a ISO inferiori a quelli nativi implica spostare verso l’alto il grigio medio e quindi aumentare la porzione di gamma dinamica destinata alle ombre, mentre lavorare a ISO superiori significa spostare verso il basso il grigio medio e guadagnare gamma dinamica nelle alteluci. È per questo motivo che proprio nelle notturne si lavora spesso a bassi ISO.
Vediamo come tre diversi sensori cinematografici gestiscono la distribuzione della gamma dinamica al variare della sensibilità ISO:
Arri
Distribuzione della gamma dinamica del sensore Arri Alexa Classic. Il sensore lavora sempre alla massima gamma dinamica di cui è capace, a prescindere dalla sensibilità ISO impostata. A cambiare è il collocamento del grigio medio e il rapporto segnale/rumore, che ovviamente peggiora agli ISO più elevati.
Blackmagic
Distribuzione della gamma dinamica del sensore della Blackmagic Pocket Cinema Camera 6K. Sia l’estensione che la distribuzione della gamma dinamica sono variabili, anche in relazione agli ISO nativi di riferimento. Oltre i 6400 ISO è possibile che entri in funzione un qualche tipo di gain, in quanto salendo con le sensibilità si verifica una progressiva riduzione della gamma dinamica.
Red
Anche il sensore Red Dragon lavora sempre alla massima gamma dinamica di cui è capace. Selezionare una data sensibilità ISO equivale essenzialmente a utilizzare una LUT che rimappa la curva tonale spostando verso l’alto o verso il basso il grigio medio. Ciò che cambia utilizzando diverse sensibilità ISO è quindi il rapporto tra la quantità di gamma dinamica collocata al di sopra del grigio medio e quella collocata al di sotto. Chiaramente varia anche il rapporto segnale/rumore: gli ISO più bassi producono immagini più pulite.
Il sensore delle videocamere cinematografiche cattura la luce sempre alla sensibilità nativa. Quando si imposta una sensibilità ISO inferiore il sensore acquisisce in sostanza un’immagine sovraesposta, che di conseguenza favorisce le ombre e sfavorisce le alteluci, mentre quando si imposta una sensibilità ISO superiore accade il contrario e sono le ombre a essere penalizzate. Immaginiamo una camera con sensibilità nativa 800 ISO. Girando a 400 ISO il sensore riceve il doppio della luce necessaria, mentre girando a 1600 ISO ne riceve la metà. Nel passaggio da segnale analogico a digitale, in entrambi i casi, il grigio medio viene rimappato affinché le immagini risultino correttamente esposte e offrano la massima gamma dinamica possibile. Tale gamma dinamica, in base a dove il grigio medio viene collocato, risulta più ricca nelle alteluci o nelle ombre. Per quanto riguarda il rumore è ovvio che nelle immagini girate a 1600 ISO, ossia sottoesposte di 1 stop in fase di acquisizione, le ombre risultino meno pulite, mentre nelle immagini girate a 400 ISO, ossia sovraesposte di 1 stop in fase di acquisizione, è più probabile che le ombre non mostrino alcun rumore.
A questo punto, girando in RAW con una camera cinematografica, è chiara la differenza che intercorre tra effettuare le riprese a una sensibilità ISO diversa dalla nativa ed effettuare le riprese alla sensibilità nativa per poi modificare i metadata relativi agli ISO in fase di color correction. Nel primo caso il sensore viene effettivamente esposto a una quantità di luce superiore o inferiore, favorendo le ombre o le alteluci, mentre nel secondo caso la rimappatura del grigio medio viene applicata a un’immagine esposta per la sensibilità nativa e quindi non può offrire particolari vantaggi nella gestione delle ombre o delle alteluci. Quando non si gira in RAW non si ha possibilità di rimappare il grigio medio in fase di post produzione in quanto le informazioni relative agli ISO non sono metadata ma parte integrante del file.
Nelle fotocamere digitali, nelle videocamere amatoriali e in molte videocamere prosumer la gestione degli ISO è solitamente diversa; di norma solo gli ISO nativi offrono la massima gamma dinamica, tutti gli altri sono ottenuti tramite gain elettronico e/o software. Prendiamo come esempio il comportamento delle reflex Canon:
100 – [125] – (160) – 200 – [250] – (320) – 400 – [500] – (640) – 800 – [1000] – (1250) – 1600 …
In grassetto gli ISO base, ottenuti per mezzo di un crescente gain elettronico. A queste impostazioni il gain digitale è sempre assente.
Tra parentesi quadre gli ISO a gain digitale positivo. Queste sensibilità sono ottenute tramite schiarimento digitale di un’immagine acquisita agli ISO base immediatamente precedenti. Una ripresa eseguita a 125 ISO è quindi una ripresa acquisita a 100 ISO e digitalmente schiarita di 1/3 di stop prima di essere convertita in file.
Tra parentesi tonde gli ISO a gain digitale negativo. Queste sensibilità sono ottenute tramite scurimento digitale di un’immagine acquisita agli ISO base immediatamente successivi. Una ripresa eseguita a 160 ISO è quindi una ripresa acquisita a 200 ISO, digitalmente scurita di 1/3 di stop prima di essere convertita in file.
La sensibilità ISO nativa, in questo caso 100 ISO, offre in assoluto la massima gamma dinamica in quanto non è frutto di alcun tipo di gain. I successivi ISO base offrono una gamma dinamica inferiore, ma comunque superiore rispetto ai corrispettivi ISO a gain digitale positivo o negativo in quanto sono ottenuti tramite gain analogico, ossia potenziando il segnale per via elettronica anziché software.
Gli ISO in gain positivo offrono minor gamma dinamica degli ISO di base e più rumore digitale di tutti gli altri ISO, in quanto schiariscono un’immagine sottoesposta.
Gli ISO in gain negativo offrono minor gamma dinamica e spesso minor rumore degli ISO di base, in quanto scuriscono un’immagine acquisita con più luce del necessario.
In conclusione, per la miglior qualità d’immagine è sempre preferibile utilizzare gli ISO nativi e correggere l’esposizione in fase di color correction.
Il motivo per cui gli ISO a gain digitale possono solo mantenere o ridurre la gamma dinamica di partenza è evidente: queste sensibilità non fanno che schiarire o scurire un’immagine già acquisita>.
Un comportamento simile si riscontra in numerose videocamere professionali non cinematografiche. La sensibilità nativa è in genere 800 ISO ma queste camere permettono d’impostare un ampio ventaglio di sensibilità sia superiori che inferiori. Le superiori sono generalmente ottenute tramite gain analogico positivo e comportano una progressiva riduzione della gamma dinamica, mentre le inferiori sono ottenute tramite gain digitale negativo e quindi risultano sostanzialmente inutili, soprattutto se le camere integrano dei filtri ND. Se con queste camere, agli ISO nativi, si nota un’area bruciata, abbassando la sensibilità non si fa che scurire un’area ormai priva di dettaglio, trasformando il bianco in grigio chiaro. Osservando il waveform, lo strumento ideale per l’analisi della gamma dinamica di un sensore, in un caso come quello appena descritto noteremmo che l’onda fuori scala a 800 ISO rientra nei limiti quando si impostano i 400 ISO, continuando però ad apparire tagliata; questo è segno evidente che il clip non è stato affatto risolto e che stiamo semplicemente scurendo un bianco.
Alcune camere sono dotate di due ISO nativi. La definizione è più commerciale che tecnica in quanto ogni sensore è ottimizzato per lavorare a una determinata sensibilità, tuttavia la presenza di un secondo circuito di alimentazione che si sostituisce al primo a partire da una determinata sensibilità ISO offre vantaggi significativi. E’ bene essere consapevoli di quale sensibilità chiami in funzione il secondo circuito perché per il contenimento del rumore digitale è molto utile alzare gli ISO più di quanto necessario al fine di sfruttare i secondi ISO nativi, piuttosto che spingere al massimo i primi. Per fare un esempio, se con la Blackmagic Pocket 6K girassimo a 1000 ISO, limite della prima sensibilità nativa, produrremmo immagini molto più rumorose e cromaticamente imprecise che a 1250 ISO, punto d’innesco dei secondi ISO nativi. Va comunque considerato che anche in questo caso a ogni sensibilità corrisponde una diversa distribuzione e/o estensione della gamma dinamica.
Alcune camere sfruttano un’architettura detta “dual gain”. In questi casi la camera effettua una doppia lettura del sensore utilizzando due diversi livelli di gain analogico per creare un’immagine che sia il risultato della fusione delle due letture. Si tratta in sostanza della procedura utilizzata per l’HDR. Va notato che le camere in grado di offrire questo tipo di doppia lettura ISO, il cui scopo è raggiungere la massima gamma dinamica e il minimo rumore digitale, sono costrette a passare a una lettura semplice quando il frame rate impostato supera un certo limite, in genere 50-60fps.
A prescindere dalla camera e da come gli ISO vengono gestiti, il rumore digitale aumenta sempre all’aumentare della sensibilità impostata in relazione agli ISO nativi di riferimento. Qualora siano presenti due ISO nativi, i primi risultano sempre più puliti dei secondi.
A questo punto credo risulti chiaro quanto sia importante eseguire dei test approfonditi prima di lavorare con una nuova camera, non solo per verificarne la gamma dinamica ma anche per capire come tale intervallo sia gestito dalla camera stessa. Senza queste conoscenze diventa impossibile scegliere consapevolmente gli ISO e i livelli di esposizione più adatti a ogni scena.
Va considerato che la maggior parte dei supporti di visualizzazione oggi disponibili, inclusa la più alta percentuale dei monitor per la correzione colore, non supera i 10 stop di gamma dinamica.
Inoltre, molto spesso, anche per le condizioni ambientali, come quando si guarda un film in cucina in pieno giorno con le finestre aperte, non si supera una visione da 5 stop, perché la luce ambiente porta l’iride del nostro occhio a restringersi e quindi a limitare la nostra capacità di distinguere dettagli nelle zone più scure.
5 stop è di norma l’intervallo dinamico entro il quale si trovano le informazioni chiave di un’immagine. Ciò significa che gestendo al meglio le riprese è possibile ottenere buone immagini anche con camere estremamente economiche. Ciò che serve è creare per queste camere le condizioni di lavoro ideali, ossia fare in modo che possano riprendere immagini correttamente esposte impiegando la sensibilità ISO nativa e che i livelli di contrasto in scena risultino gestibili dalla gamma dinamica del loro sensore.
Un’ultima nota: i numeri sono numeri. Un conto è la gamma dinamica e un altro è il reale margine di recupero in sovra e sottoesposizione offerto da una camera. Oltre alla capacità di mantenere informazioni, è importante la qualità di tali informazioni; è fondamentale che quando ci si trovi a recuperare un’immagine sovra o sottoesposta non emergano dominanti cromatiche, rumore digitale o altre tipologie di difetti. Un altro fattore determinante è la morbidezza del roll-off sia verso il nero che verso il bianco, ossia la capacità di un sensore di mantenere un’adeguata ricchezza di sfumature anche ai margini della propria gamma dinamica. È quasi sempre preferibile una gamma dinamica inferiore ma caratterizzata da passaggi graduali verso le zone di crash o di clip, piuttosto che una gamma dinamica superiore ma con transizioni brusche verso gli estremi della curva luma. I test sono sempre indispensabili per conoscere davvero i propri strumenti, per operare con consapevolezza ed evitare imprevisti.
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