Per ottenere un motion blur naturale, ossia per riprodurre i movimenti in modo che non risultino troppo fluidi o scattosi, in cinematografia è norma utilizzare un tempo di otturazione di 1/48 o di 1/50 di secondo.
Per mantenere questi settaggi al diaframma desiderato anche quando la luce in scena causerebbe una sovraesposizione delle immagini si ricorre ai filtri Neutral Density, dei filtri grigi più o meno scuri il cui scopo è ridurre la quantità di luce che raggiunge il sensore, senza al contempo alterare i colori delle immagini acquisite. Ipotizziamo di avere l’esposizione corretta a 1/50” – f/8 – 800 ISO. Volendo utilizzare il diaframma f/2 senza modificare il tempo di posa né la sensibilità ISO, possiamo impiegare un filtro ND da 4 Stop. In questo modo possiamo utilizzare il diaframma desiderato, pur continuando a esporre le immagini in maniera corretta.
Nonostante la designazione neutral, ogni filtro ND altera in qualche modo la cromia delle immagini perché nessun produttore riesce a realizzare vetri o resine ottiche perfettamente neutrali. In genere la deriva cromatica è tanto più visibile quanto più è alta la densità del filtro, ossia quanto più il filtro è scuro. I migliori filtri ND riescono a produrre immagini prive di evidenti dominanti cromatiche fino a una densità ottica di 1.8 o 2.1, equivalente a 6 o 7 Stop di riduzione della luce.
La densità di un filtro ND, detta anche gradazione, può essere indicata in vari modi a seconda che si faccia riferimento alla sua densità ottica, alla sua capacità di bloccare la luce o alla sua influenza sui parametri dell’esposizione.
Le gradazioni dei filtri ND
Riduzione: | 1 Stop | 2 Stop | 3 Stop | 4 Stop | 5 Stop | 6 Stop | 7 Stop |
Sigla: | ND 2 | ND 4 | ND 8 | ND 16 | ND 32 | ND 64 | ND 128 |
ND 0.3 | ND 0.6 | ND 0.9 | ND 1.2 | ND 1.5 | ND 1.8 | ND 2.1 | |
ND 2x | ND 4x | ND 8x | ND 16x | ND 32x | ND 64x | ND 128x |
Oltre a un superiore livello di neutralità cromatica, i migliori ND si distinguono per la maggiore aderenza tra la densità dichiarata e quella effettiva, per la densità più omogenea su tutta la superficie del filtro e per la qualità ottica complessivamente superiore; quest’ultimo è un fattore particolarmente importante quando si utilizzano focali lunghe. Con gli ND più economici è comune che oltre alle evidenti dominanti cromatiche si notino un calo della nitidezza, distorsioni geometriche e vignettatura ottica. Solo i migliori ND risultano utilizzabili in abbinamento a focali superiori al 200mm, in quanto gli altri fanno precipitare la nitidezza al di sotto della soglia di accettabilità.
Non tutti gli ND, a prescindere dal prezzo, sono dotati di antiriflessi. Alcuni produttori, per favorire l’acromia del vetro, preferiscono evitare questo tipo di trattamento.
I filtri ND posso essere in vetro o in resina ottica. Quelli in vetro sono molto più costosi e più fragili, ma anche più resistenti ai graffi e soprattutto decisamente migliori dal punto di vista ottico. I filtri in resina si graffiano con estrema facilità e offrono prestazioni raramente accettabili, soprattutto una volta superata la densità 0.9. I sistemi in resina presentano spesso dominanti cromatiche molto diverse tra un filtro e l’altro; questo può compromettere la continuità visiva di un girato sino a renderla praticamente irrecuperabile. Quando si utilizzano filtri ND economici è quindi consigliabile utilizzarne uno solo per ogni scena e tenerlo montato per tutte le inquadrature di quella scena.
Utilizzando insieme più filtri ND si ottiene una densità pari alla somma delle densità individuali dei filtri utilizzati. L’abbinamento di un ND 0.3 con un ND 0.9 produce quindi una densità pari a quella di un ND 1.2. Ovviamente l’impiego contemporaneo di più filtri influisce negativamente sulla qualità d’immagine. Se l’obiettivo è risparmiare, però, piuttosto che acquistare 7 filtri in resina è consigliabile acquistarne 2-3 in vetro e lavorare in stacking, anche sino a utilizzare 3 filtri insieme.
Solo i migliori filtri ND offrono il taglio delle frequenze infrarosso. A meno che non si lavori su pellicola, dove l’infrarosso non viene registrato, la capacità di bloccare questa parte dello spettro luminoso diventa fondamentale nei filtri di densità superiore a 0.9. Un comune ND 1.2 produrrà quasi sicuramente immagini caratterizzate da un inquinamento da infrarossi, ossia prive di neri e con colori visibilmente alterati. Un ND 2.1 non IR-Cut risulterà sicuramente inutilizzabile nella maggior parte dei casi.
Gli ND in grado di bloccare le frequenze infrarosso vengono abitualmente identificati come IR-ND.
I filtri ND esistono sia in versione solida che graduata. Gli ND graduati, la cui sigla è GND, sono caratterizzati da una densità gradiente che decresce dal valore dichiarato sino ad arrivare a 0, punto in cui il vetro o la resina appaiono completamente trasparenti. L’estensione di questo gradiente è determinata dal tipo di GND, che può essere Soft Edge o Hard Edge. Nel primo caso la transizione è ampia e morbida, nel secondo caso è quasi netta. I filtri Graduated Neutral Density sono nati per permettere ai fotografi di scurire i cieli senza abbassare la luminosità complessiva dei panorami. I GND possono essere anche Reverse GND. In questo caso il filtro presenta una parte più scura al centro che degrada in direzione di un bordo, mentre in direzione opposta il vetro o la resina diventano quasi subito trasparenti. Anche i Reverse GND sono prodotti con gradazione Soft o Hard.
Un tempo erano piuttosto diffusi anche i filtri CND, ossia i Central Neutral Density, dei GND Soft in cui la parte scura era un cerchio centrale digradante. Lo scopo di questi filtri era compensare la differenza di esposizione tra centro e bordi del fotogramma qualora un obiettivo mostrasse un’eccessiva vignettatura. Con l’avvento del digitale e delle moderne possibilità di correzione colore questi filtri sono quasi scomparsi dal mercato.
Sia gli ND che i GND sono prodotti in lastra per il mattebox e in forma circolare per essere avvitati davanti alla lente frontale degli obiettivi fotografici. I filtri a lastra esistono di varie misure e spessori, per adattarsi ai diversi supporti di utilizzo.
I filtri ND variabili (VND o Variable ND)
I VND sono filtri ND a intensità variabile, realizzati accoppiando due polarizzatori lineari, uno dei quali può essere ruotato. Quando gli assi dei due polarizzatori vengono allineati si ottiene la massima trasmissione luminosa, quando vengono incrociati si blocca più luce possibile. Quando i due polarizzatori sono allineati, se li si ruota contemporaneamente, funzionano come un normale polarizzatore. Per un approfondimento sui filtri polarizzatori: Il filtro polarizzatore.
La densità dei filtri Variable Neutral Density è normalmente impostabile tra 0.6 e 2.4, ma con l’approssimarsi della densità massima si crea sempre una X scura che attraversa tutto il fotogramma, dovuta alla polarizzazione. Per questo motivo la riduzione di luce più elevata impostabile è di solito 1-2 Stop inferiore a quella nominale. Influendo sulla polarizzazione della luce, i VND alterano la resa cromatica degli obiettivi sui quali sono montati, in base al grado d’intensità al quale sono impostati; di conseguenza rendono più complesso il mantenimento della continuità visiva. I VND esistono solo in forma circolare, adatta alla filettatura frontale degli obiettivi, a speciali mattebox o a supporti dedicati per mattebox.
Alcuni mattebox offrono un particolare sistema di connessione ai follow focus motorizzati per rendere possibile la gestione a distanza dei VND. Ciò permette di variare la gradazione ND nel corso della ripresa, un fattore molto utile nei pianosequenza, per i quali in genere si è costretti, dovendo regolare l’esposizione, ad agire sul diaframma e quindi a dover utilizzare ottiche cinematografiche o dotate di ghiera del diaframma decliccata, nonché ad accettare variazioni nella profondità di campo.
I filtri ND in-camera
Molte telecamere integrano dei filtri ND che l’utente può mettere in funzione ruotando una ghiera o premendo un pulsante. In genere questi filtri sono tre, sono IR-Cut e presentano densità da 2, 4 e 6 stop.
Poter disporre di ND in-camera è indubbiamente comodissimo: velocizza il cambio filtri, può evitare l’utilizzo di un matte box, può rendere il matte box completamente disponibile per altri filtri… non ci sono dubbi che si tratti di un vantaggio. Tuttavia tre o quattro gradazioni ND non sono sufficienti in campo cinematografico.
Immaginiamo che la nostra camera offra tre filtri rispettivamente da 2, 4 e 6 stop. Per ridurre l’esposizione di 1, 3 e 5 stop sarà necessario disporre di un ND aggiuntivo da 1 stop, da usare da solo o in combinazione con gli ND da 2 e 4 stop. Questo rende comunque indispensabile montare un matte box o un porta filtri fotografico e chiaramente costringe a lavorare in stacking, tra l’altro accoppiando tra loro dei filtri con caratteristiche ottiche che potrebbero risultare molto diverse. In conclusione, disporre di una camera dotata di ND integrati è vantaggioso ma non risolutivo in campo cinematografico.
Una cosa alla quale fare attenzione è l’effettivo numero di filtri presenti nella camera. Alcuni modelli integrano solo due filtri ma rendono disponibili tre riduzioni ND perché realizzano la più alta sovrapponendo i due filtri. Questo significa che quando aggiungiamo all’accoppiata un filtro esterno per ottenere una gradazione ND superiore alla massima offerta dalla camera ci ritroviamo con uno stacking triplo e buone probabilità d’incorrere in problemi ottici. Con camere di questo tipo conviene quindi disporre di due filtri ND esterni: uno da 1 stop e uno di densità superiore a quella ottenibile utilizzando in coppia i due fitri integrati nella macchina.
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Rolling shutter vs global shutter