ISO, tempi e diaframmi costituiscono quello che comunemente viene definito triangolo dell’esposizione. È intervenendo su questi tre parametri che si può rapidamente gestire l’esposizione del fotogramma, sia in campo fotografico che video. Tuttavia, mentre il fotografo può effettivamente modificare le impostazioni di camera e obiettivo con ampi margini di libertà, nel cinema l’esigenza di mantenere un’adeguata continuità visiva rende la situazione ben diversa.
ISO
Abitualmente quando si gira un film la sensibilità ISO viene mantenuta costante quantomeno all’interno di ogni scena. Questo per evitare che il rumore digitale vari tra un’inquadratura e l’altra ma anche per far sì che l’estensione e la distribuzione della gamma dinamica restino costanti, nonché per mantenere la cromia delle immagini quanto più possibile omogenea, facilitando il lavoro di post produzione.
È normale che un intero film venga girato utilizzando soltanto una o due sensibilità ISO, una per le diurne e una per le notturne o comunque per le riprese in bassa luce.
Tempi
Volendo rappresentare il movimento in maniera naturale, nella ripresa filmica il tempo di otturazione deve essere impostato tra 1/45 e 1/55”. In questo modo la sfocatura creata dal movimento dei soggetti ripresi e della camera, definita motion blur, ci appare realistica. Per tradizione si utilizza 1/48″ quando si gira a 24 fps e 1/50″ quando si gira a 25 fps. Questa pratica risale ai tempi della pellicola e all’utilizzo di cineprese dotate di otturatori circolari.
Se in fase di ripresa si impiegano tempi più veloci, nella riproduzione del filmato i movimenti appaiono scattosi perché gli elementi in movimento risultano eccessivamente definiti all’interno dei singoli fotogrammi. Impiegando tempi più lenti, al contrario, gli elementi in movimento risultano eccessivamente indefiniti all’interno dei singoli fotogrammi e il filmato ci appare innaturalmente fluido e privo di dettaglio. Con tempi particolarmente lenti può persino accadere che i soggetti in rapido spostamento lascino una scia.
Quando si tratta di riprese realizzate per il ralenti, invece, per ottenere movimenti piacevolmente fluidi si segue il principio del tempo di otturazione pari al doppio del frame rate. Ad esempio, girando a 50 fps il tempo di otturazione consigliato è 1/100″, mentre girando a 100 fps il tempo di otturazione ideale è considerato 1/200″. Matematicamente sarebbe corretto dire che il tempo di otturazione dev’essere pari alla metà del frame rate ma è uso comune utilizzare l’espressione opposta, prendendo in considerazione i numeri e non ciò che rappresentano.
Per approfondire: Angoli e tempi di otturazione, motion blur, fps e ralenti
Diaframmi
Anche qui la necessità cinematografica di mantenere una sufficiente continuità visiva impone restrizioni decisive. Di norma il diaframma di lavoro viene lasciato costante quantomeno all’interno di ogni scena, di modo che la relazione tra angolo e profondità di campo non vari tra un’inquadratura e l’altra.
Immaginiamo i classici primi piani in campo-controcampo: se in un piano lo sfondo apparisse del tutto indefinito e nell’altro ben leggibile, l’effetto sarebbe senza dubbi distraente.
La continuità visiva
In sostanza, per ottenere la massima continuità visiva, i parametri del triangolo dell’esposizione devono restare costanti tra le inquadrature. Ecco quindi che in campo cinematografico nessuno degli strumenti su cui si fonda il triangolo dell’esposizione può essere liberamente utilizzato per controllare l’esposizione.
Sul set la quantità di luce che raggiunge il sensore viene ridotta impiegando materiali di diffusione o di oscuramento e/o filtri ND. Quando invece è necessario aumentare i livelli di esposizione si utilizzano luci artificiali e/o supporti di riflessione.
Anche in campo cinematografico ci sono casi in cui la sensibilità ISO, il tempo di posa e il diaframma di lavoro vengono leggermente modificati nel corso delle riprese. Queste piccole alterazioni riguardano più che altro le esterne giorno, sia perché tramite i filtri ND non sempre si riesce a limitare l’esposizione esattamente della misura necessaria, sia perché spesso ci si trova a dover operare con estrema velocità per adeguarsi alle variazioni della luce solare. In ogni caso è bene considerare con attenzione il tipo di scena che si sta girando per determinare quale fattore sia meglio modificare. Per esempio, in una sequenza movimentata conviene cambiare il diaframma piuttosto che il tempo di otturazione per non modificare il motion blur, mentre un’inquadratura fissa su un soggetto statico risulta più permissiva per quanto riguarda l’alterazione del tempo di posa.
La scala degli ISO
Intervalli di 1/3 di stop
25 – 30 – 40 – 50 – 60 – 80 – 100 – 125 – 160 – 200 – 250 – 320 – 400 – 500 – 640 – 800 – 1000 – 1250 – 1600 …
La scala dei tempi
Intervalli di 1/3 di stop
1/25” – 1/30” – 1/40” – 1/50” – 1/60” – 1/80” – 1/100” – 1/125” – 1/160” – 1/200” – 1/250” – 1/320” – 1/400” – 1/500” – 1/640” – 1/800” – 1/1000” – 1/1250” – 1/1600” …
La scala dei diaframmi
Lo stop come unità di misura trasversale
All’interno di ognuna delle tre scale aumentare o diminuire di 1 Stop significa raddoppiare o dimezzare l’esposizione, ossia la luminosità dell’immagine. A f/2 passa il doppio della luce che a f/2.8, così come a 1/50” passa il doppio della luce che a 1/100” e a 200 ISO si raddoppia la sensibilità rispetto a 100 ISO.
Essendo lo stop l’unità di misura comune a tutte le scale, sul set le indicazioni relative all’esposizione si danno quasi sempre utilizzando questo riferimento. Si parla quindi di aumentare o diminuire i tempi o gli ISO di X stop o in relazione al diaframma di aprire o chiudere di X stop.
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Il sistema obiettivo-corpo macchina