Attacco K
(talvolta identificato come PK)
Pentax è il nome che la Asahi Optics ha attribuito ai suoi obiettivi a baionetta, eredi dei Takumar a vite. In campo manuale questi obiettivi possono essere di tre tipi a seconda della generazione di appartenenza: i più anziani sono i Pentax-K, seguono poi i Pentax-M e infine i Pentax-A. Su corpi macchina di terze parti, dal punto di vista operativo, non ci sono differenze tra utilizzare un obiettivo di una generazione piuttosto che di un’altra. Nel corso degli anni, però, sebbene la qualità ottica delle produzioni Pentax sia generalmente salita, quella meccanica ha subito un destino inverso. La maggior parte dei K è ancora oggi in perfette condizioni d’uso, mentre gli A soffrono spesso di un wiggle ben visibile. Gli M si collocano più o meno a metà strada. Oltre che per la meccanica più affidabile, i K sono preferibili per le dimensioni; è a partire dagli M che la Asahi si è impegnata a contenere al massimo l’ingombro dei propri obiettivi, alcuni dei quali risultano troppo piccoli per l’utilizzo su rig completi. I Pentax-A si distinguono facilmente per la presenza dell’impostazione automatica sulla ghiera dei diaframmi, indicata dalla lettera A di colore verde a sinistra dell’apertura minima. Anche la nomenclatura presente sui barilotti distingue in maniera chiara il tipo di obiettivo, identificando i K semplicemente come Pentax e gli altri come Pentax-M o Pentax-A.
Negli obiettivi di focale inferiore ai 50mm, a prescindere dalla generazione, la corsa di fuoco dei Pentax risulta quasi sempre troppo corta per le esigenze video. Le ghiere dei diaframmi di questi obiettivi scattano a intervalli incostanti, in genere di uno stop tra le prime e le ultime due o tre aperture, di mezzo stop tra quelle intermedie. Le ghiere della MAF raggiungono l’infinito ruotando verso destra, quindi in senso opposto alla norma cinematografica.
Tutti i Pentax usufruiscono del trattamento antiriflesso SMC, proprietario Asahi, considerato tra i migliori del periodo vintage.
I Pentax continuano la tradizione Takumar in fatto di risposta cromatica: calda ma priva di dominanti invasive. Il contrasto elevato, i colori puliti, densi e brillanti, con rossi saturi e tendenti all’arancio, sono un segno distintivo dei Pentax manuali. La visione offerta da questi obiettivi è indiscutibilmente caratteristica ed è il motivo per il quale le lenti Pentax sono ancora oggi molto ricercate.
Tra i Pentax-M e i Pentax-A ne esistono alcuni insigniti di una stella, raffigurata in maniera ben visibile sul barilotto accanto alla nomenclatura dell’obiettivo. Sono i Pentax Star, modelli identificati dal produttore come “top-of-the-line” e contenenti vetri speciali. Queste lenti sono piuttosto rare e costose.
Alcuni Pentax hanno problemi di compatibilità con certi corpi macchina. La leva del diaframma e la relativa protezione sporgono molto dalla baionetta e possono interferire con qualche componente della camera. Questo può avere varie conseguenze a seconda del corpo macchina utilizzato, può impedire il movimento del diaframma, può ostacolare l’azione dello specchio delle reflex o persino precludere l’accoppiamento tra obiettivo e corpo macchina. Per evitare questi problemi quasi tutti gli adattatori PK-EF montano l’obiettivo in posizione ruotata, cosicché la leva del diaframma resti libera. Il posizionamento alterato dell’obiettivo non ne garantisce comunque la funzionalità su tutti i corpi macchina, l’unico intervento correttivo dall’esito assicurato è il taglio della leva del diaframma e della relativa protezione; si tratta di un’operazione banale, eseguibile anche con un paio di tronchesi, tuttavia, trattandosi di una modifica irreversibile, riduce sensibilmente il valore di mercato degli obiettivi che la subiscono.
Gli adattatori PK-EF hanno un sistema di blocco costituito da una linguetta. Può essere utile, per evitare giochi e aumentare la sicurezza dell’accoppiamento tra anello e obiettivo, frapporre due piccoli pezzi di biadesivo tra la baionetta dell’obiettivo e l’anello stesso. La connessione tra certi obiettivi Pentax e gli anelli adattatori PK-EF talvolta non risulta possibile a meno che non si registri a dovere la linguetta di blocco degli adattatori; per farlo è sufficiente allentare due viti, far scorrere la linguetta avanti o indietro quanto necessario e stringere di nuovo le viti in questione.
La più ricca risorsa online per informazioni sul corredo Pentax è il sito dei Pentaxians.
Asahi Pentax-K 50/1.2
Asahi Pentax-A 50/1.2
Uno dei fiori all’occhiello della tradizione Pentax. Per quanto al tempo rappresentasse un’ammirevole impresa ottica, oggi si rivela un progetto decisamente datato, dal quale non c’è ragione di aspettarsi prestazioni clamorose.
Alla massima apertura contrasto e risoluzione sono bassi, ma la resa è omogenea su buona parte del campo e si mantiene tale a tutte le aperture. Le aberrazioni cromatiche sono elevate e le alte luci presentano spesso aloni estesi. Si nota anche un leggero shift magenta su tutto il fotogramma. A f/1.4 l’obiettivo è leggermente più incisivo di gran parte dei coevi 50/1.4 utilizzati a tutta apertura. A f/2 il contrasto balza in avanti, la dominante magenta si minimizza ma le aberrazioni cromatiche si mantengono evidenti e si può notare dell’astigmatismo ai margini del frame. A questo diaframma molti 50/1.4 del tempo offrono un maggior potere risolvente. Anche a f/2 il Pentax è comunque in grado di produrre buone immagini nella maggior parte dei casi, soprattutto se si considera la vocazione ritrattistica di questa focale sul formato Super35. Da f/2.8 la nitidezza è buona a tutto campo, avvantaggiata più dal contrasto che dalla risoluzione non ancora brillante. Tranne che in situazioni estreme, a questo diaframma le aberrazioni cromatiche sono contenute, se ne rivela traccia solo ai bordi. Il flare di coma è scomparso e i colori sono profondi, puliti e brillanti. Tra f/4 e f/5.6 la resa ottica raggiunge l’apice qualitativo e l’obiettivo offre immagini ottime. Vignettatura e distorsione non sono un problema.
La resistenza ai riflessi interni, considerato il tipo di lente, è buona.
La restituzione del fuori fuoco ha un carattere forte e variegato, può apparire piacevolmente strutturata ma anche nervosa; banalmente tutto dipende dai soggetti, dalle condizioni di luce, dai diaframmi e dalle distanze di lavoro. Ciò che resta costante è la resa più morbida dietro al piano di fuoco piuttosto che davanti.
Il Pentax-A offre un trattamento antiriflesso più efficace, un diaframma a 9 lame anziché 8 e una qualità costruttiva meno soddisfacente. La meccanica precisa e affidabile della versione K, unita alle dimensioni relativamente generose del barilotto, rendono il primo 50/1.2 di casa Asahi particolarmente adatto all’utilizzo cinematografico. Nella versione K il diaframma conferisce agli highlight disc un contorno seghettato tra f/1.4 e f/2.4.
Avvantaggiati da una luminosità massima inferiore, non sono rari i 50/1.4 capaci di offrire prestazioni tecnicamente più elevate a partire da f/2. Si ama il Pentax per la sua resa caratteristica, non perché sia in grado di vincere gare di acutanza. Si tratta di un buon 50mm, interessante più altro per chi ricerchi una luminosità estrema per impieghi particolari o per chi voglia un po’ più di microcontrasto a f/1.4 rispetto a quanto è in grado di offrire la maggior parte dei 50/1.4 vintage.
Asahi Pentax-M 50/1.4
Asahi Pentax-A 50/1.4
Dal punto di vista tecnico è il classico 50/1.4 anni ’70. La massima apertura è morbida e velata, utilizzabile solo in condizioni di luce favorevoli e a seguito di un’adeguata post produzione. A f/2 la resa è buona in area centrale ma continua a soffrire ai bordi, soprattutto a causa di un evidente astigmatismo e di una certa curvatura di campo. Le aberrazioni cromatiche sono marcate e le catch light rischiano spesso di mostrare un alone purpureo. A f/2.8 il velo scompare, la correzione del coma è pressoché perfetta anche ai bordi e il contrasto in asse è molto buono; i margini del frame restano indietro più che altro come risoluzione, sempre condizionati da un certo astigmatismo, ma sono comunque utilizzabili. Le aberrazioni cromatiche restano visibili solo in condizioni estreme e più che altro ai bordi. A f/4 l’astigmatismo periferico è minimizzato e anche i margini del frame raggiungono buoni livelli. A f/5.6 la qualità d’immagine è ottima su tutto il fotogramma. La vignettatura è contenuta già a f/2 e la distorsione è irrilevante.
Astigmatismo, curvatura di campo e aberrazioni cromatiche sono meno corretti che nella maggior parte dei coevi 50mm, che di conseguenza risultano un po’ più nitidi a bordo immagine. Il contrasto e nel complesso la correzione ottica in area centrale sono invece ai massimi livelli, per il tempo.
La resa del fuori fuoco è tendenzialmente morbida, ma sino a f/2.8 gli highlight disc mostrano contorni seghettati. Contrasto e colori sono tipici Pentax, non lasciano dubbi sul perché queste lenti siano tanto apprezzate.
Un importante contro di quest’obiettivo è la sua taglia: 37mm di lunghezza non sono certo ideali in campo video, soprattutto su un rig completo.
Se il Pentax-A riporti lo stesso schema ottico del Pentax-M è spesso argomento di discussione, sebbene le riviste del tempo concordassero sul fatto che le uniche differenze tra le due versioni riguardassero la parte meccanica. Nelle mie prove i Pentax-A si sono mostrati leggermente più nitidi ai margini estremi del frame nella forcella 1.4-2.8. Quello che è certo è che i Pentax-M, come d’uso, risultano meccanicamente più affidabili dei Pentax-A.
Asahi Pentax-A 50/2.8 Macro (1:2)
Uno dei rari macro f/2.8 del periodo vintage. Ottimizzato per le riprese a breve distanza, è pienamente utilizzabile anche al di fuori del suo campo specifico, a patto di convivere con una corsa di fuoco decisamente limitata sulle distanze medie e lunghe.
Come in tutti i macro di qualità la correzione ottica è buona da ogni punto di vista e raggiunge livelli ottimi a tutto campo chiudendo un paio di stop. A f/2.8 l’aberrazione sferica abbassa un po’ il contrasto ma già da f/3.5 la resa migliora in maniera marcata. Da f/4 le immagini sono brillanti e i colori Pentax fanno sfoggio di sé. La curvatura di campo alle minime distanze di fuoco è percepibile, ma tranne che per le riproduzioni in asse di soggetti bidimensionali è difficile che ciò rappresenti un problema.
Sulle lunghe distanze la restituzione del fuori fuoco è spesso dura, mentre in campo macro, soprattutto da f/4, lo sfocato è morbido e progressivo sia davanti che dietro al piano di fuoco.
Al rapporto di riproduzione di 1:2 la camma interna avanza aumentando la lunghezza complessiva del barilotto di quasi 4 cm. Assieme al Leica-R 60/2.8 e allo Yashica ML 55/2.8 questo Pentax è uno dei pochissimi macro vintage a mantenere in posizione la ghiera della MAF durante la focheggiatura e quindi a non limitare le possibilità di utilizzo di un follow focus.
Come norma tra i macro, il vetro frontale del Pentax 50/2.8 è molto recesso nel barilotto, che di conseguenza funge anche da paraluce.
Tutte e quattro le copie testate hanno mostrato problemi di wiggle e/o un rallentamento nelle operazioni del diaframma dovuto alla presenza di olio sulle lamelle.
Asahi Pentax-K 55/1.8
È il rehousing del S-M-C Takumar 55/1.8.
Alla massima apertura l’obiettivo mostra una buona risoluzione, ma l’immagine è leggermente velata, manca di brillantezza e d’incisività. La nitidezza periferica è visibilmente inferiore a quella in asse e il flare di coma introduce un effetto glow nelle alte luci sovraesposte. Le immagini sono quasi sempre utilizzabili, ma restano dietro a gran parte dei 50/1.4 chiusi uno stop. La resa è molto buona su tutto il frame a partire da f/2.8 e raggiunge ottimi livelli a f/5.6. Alla massima apertura le aberrazioni cromatiche sono visibili ma raramente un problema; a f/4 sono già minimizzate.
Con soggetti e condizioni di luce non semplici il fuori fuoco viene riprodotto con doppi bordi e un generale nervosismo, particolarmente marcato tra f/1.8 e f/2.5.
Come spesso accade, anche questo 55mm di luminosità moderata si comporta bene in congiunzione a un soffietto o a dei tubi di prolunga ed è quindi adatto ad applicazioni macro.
Si tratta nel complesso un buon obiettivo, che offre solidi risultati senza brillare né mostrare il fianco da alcun punto di vista.
Asahi Pentax-K 85/1.8
È il rehousing dell’ottimo S-M-C Takumar 85/1.8.
La meccanica è molto buona, la corsa di fuoco è generosa e le dimensioni sono adeguate all’utilizzo su un rig completo.
Alla massima apertura il contrasto è leggermente debole, la risoluzione non eccelle e si notano fenomeni di aberrazione cromatica. Le immagini sono comunque utilizzabilissime e potenzialmente ottime, se le condizioni di luce sono favorevoli e la post produzione è adeguata. Da f/2.8 l’obiettivo non ha più bisogno di scuse: i colori sono brillanti, il contrasto è elevato e la correzione ottica generale non lascia spazio a critiche. Solo in condizioni difficili si possono ancora notare aberrazioni cromatiche. Da f/4 la nitidezza è ottima a tutto campo. La restituzione del fuori fuoco è molto morbida e progressiva, in particolare dietro al piano di fuoco, dov’è estremamente difficile generare doppi contorni o un qualsiasi tipo di nervosismo. Gli highlight disc sono uniformi e hanno confini più marcati solo alla massima apertura e più che altro ai bordi; il diaframma a 8 lame dritte modella ottagoni ben definiti non appena ci si allontani dalla massima apertura.
Spesso annoverato tra i migliori 85mm del periodo vintage, in casa Asahi è superato come lustro solo dal mitologico Pentax-A 85/1.4 Star, che oggi viene abitualmente proposto sul mercato dell’usato a cifre abbastanza improbabili.
Asahi Pentax-M 85/2
Inferiore al K 85/1.8 soprattutto per la resa ai diaframmi più aperti, si tratta comunque di un buon obiettivo. A f/2 le aberrazioni cromatiche sono facilmente visibili, la risoluzione è buona su gran parte del frame e il contrasto è sufficiente. Il flare comatico vela leggermente l’immagine e si nota un alone attorno alle zone colpite da luce intensa, in particolare se sovraesposte; l’effetto non è marcato ma è presente. A f/2.8 la resa è nettamente superiore, il velo scompare, i colori appaiono puliti e brillanti e anche i bordi estremi risultano sufficientemente nitidi. L’aberrazione cromatica laterale è ancora visibile in situazioni difficili, ma raramente invasiva. A questo diaframma l’obiettivo è pienamente utilizzabile. La correzione ottica migliora a f/4 e raggiunge l’ottimo a tutto campo a f/5.6. La lente appare ottimizzata per le distanze medie, ideali per la ritrattistica. La resistenza ai riflessi interni è particolarmente buona, grazie anche al ridotto numero di elementi e di spaziature ad aria.
Asahi Pentax-M 100/2.8
Asahi Pentax-A 100/2.8
Questo Pentax è uno dei 100/2.8 più compatti e leggeri dell’intero periodo vintage.
In condizioni di luce favorevole l’obiettivo offre risultati più che sufficienti già a f/2.8. Sin dalla piena apertura la resa è omogenea a tutto campo, tuttavia il contrasto è medio, serve f/4 per conferire un’elevata incisività alle immagini. A f/5.6 la nitidezza è ottima su tutto il fotogramma, il contrasto è notevole e i colori sono vividi.
Ciò che delude di questa lente è lo scarso contenimento ai diaframmi più aperti dell’aberrazione cromatica laterale, che in presenza di transizioni ad alto contrasto si mostra marcata in qualsiasi zona del fotogramma. È necessario chiudere almeno due stop affinché il problema risulti trascurabile.
La riproduzione del fuori fuoco è tendenzialmente morbida, ma le transizioni fuoco-fuori fuoco possono risultare brusche e gli highlight disc alla massima apertura sono spesso molto nervosi e nettamente contornati.
Dei quattro esemplari testati, le due copie Pentax-M sono risultate esenti da difetti meccanici, mentre le due copie Pentax-A hanno mostrato problemi di wiggle.
Asahi Pentax-A 100/2.8 Macro (1:1)
Si tratta di un obiettivo piuttosto raro e di conseguenza costoso rispetto alla media dei Pentax.
La qualità ottica è sorprendente ma l’utilizzo al di fuori della macro è penalizzato da una corsa di fuoco estremamente breve. D’altro canto questo Pentax offre un rarissimo connubio tra luminosità f/2.8, lunghezza focale superiore ai 60mm e rapporto di riproduzione massimo di 1:1.
Com’è tipico per i macro la lente è ben corretta dal punto di vista ottico. È ottimizzata per i diaframmi intermedi e le brevi distanze di ripresa, ma anche alla piena apertura e su distanze da ritratto si rivela pienamente utilizzabile. In termini di contrasto e correzione ottica supera agevolmente qualsiasi 100/2.8 manuale di casa Pentax e non solo. A distanze di ripresa superiori al metro l’unico miglioramento qualitativo evidente rispetto alla massima apertura, più che altro in termini di contrasto e contenimento delle aberrazioni cromatiche, lo si rileva chiudendo a f/4, diaframma che offre una qualità d’immagine elevata a tutto campo. Passando a f/5.6 le differenze di resa sono già contenute. In ambito macro l’ottimo è raggiunto a f/8, dove risoluzione e contrasto sono visibilmente superiori che ai diaframmi più aperti. La curvatura di campo è minima a qualsiasi diaframma e distanza di fuoco.
La riproduzione del fuori fuoco, specialmente a f/2.8, è spesso dura; si nota qui una sovra correzione dell’aberrazione sferica, che dietro al piano di fuoco si traduce in highlight disc più scuri al centro e nettamente bordati.
Per raggiungere la minima distanza di fuoco il barilotto si estende quasi 8 cm; l’utilizzo di un matte box è decisamente problematico. Essendo la lente frontale molto incassata, il barilotto stesso funge da paraluce.
Tre su tre delle copie testate accusavano un rallentamento nelle operazioni del diaframma, per quanto le lamelle apparissero pulite. Tutti gli esemplari hanno mostrato anche problemi di wiggle nella focheggiatura fra 3 metri e infinito; l’utilizzo di un paraluce ha annullato il difetto, introducendolo però alle minime distanze di fuoco.
Dal punto di vista ottico si tratta di uno dei migliori macro del periodo vintage.
Asahi Pentax-M 120/2.8
Rispetto al Pentax-K 135/2.5 questo 120/2.8 è appena più debole come nitidezza ma è più corretto nei confronti delle aberrazioni cromatiche, che sin dalla piena apertura sono raramente un problema e da f/5.6 sono pressoché nulle. In situazioni estreme, a f/2.8, emerge comunque un evidente fringing rossastro, tuttavia in obiettivi dotati di questa lunghezza focale e privi di lenti a bassissima dispersione è un fatto inevitabile. Da segnalare che l’intonazione cromatica del fringing prodotto da questa lente ricorda molto l’effetto halation della pellicola.
Diversamente dal Pentax-A 100/2.8 Macro, il 120 offre un fuori fuoco morbido e progressivo. Gli highlight disc non sono sempre perfetti ma risultano spesso omogenei, puliti e privi di bordature nette, sia davanti che dietro al piano di fuoco.
Messo a confronto col Pentax-M 100/2.8, questo 120 risulta superiore da ogni punto di vista.
Già alla massima apertura l’obiettivo presenta un buon livello di contrasto e risoluzione su tutto il fotogramma. Lo stacco tra i piani è pronunciato e i colori sono densi, tipici Pentax. La restituzione degli incarnati è plastica e corposa, i toni giallo-ambra prevalgono spiccatamente sui rossi. A f/4 il contrasto sale e la riproduzione si fa brillante, la risposta cromatica è vivida e pulita. A f/5.6 tutto il frame raggiunge un livello di nitidezza molto buono.
L’obiettivo risulta fortemente ottimizzato per le distanze da ritratto.
A f/2.8 si nota una certa vignettatura. È una conseguenza inevitabile delle dimensioni estremamente contenute dell’obiettivo, la cui filettatura frontale è di soli 49mm. Essendo piccolo e leggero ma dotato di una superficie immobile adatta ad accogliere un supporto lente, nonostante la lunga focale il Pentax-M 120/2.8 risulta molto stabile e comodo nell’utilizzo.
La resistenza ai riflessi parassiti e alle immagini fantasma è decisamente buona, ma i flare a f/2.8 sono piuttosto frequenti. Considerate anagrafe, luminosità e focale, si tratta comunque di un ottimo comportamento. Il barilotto include un paraluce retrattile di ottima fattura ma sottodimensionato per i sensori S35.
Tutte le copie testate hanno mostrato problemi di wiggle alle distanze di fuoco tra 1.2 e 1.7m; l’impiego di un paraluce ha ridotto il difetto ma si è rivelato insufficiente a eliminarlo.
La precedente versione di quest’obiettivo, il Pentax-K 120/2.8 di ascendenza Takumar, offre una meccanica più solida ma una resa ottica nettamente inferiore, soprattutto alla piena apertura, dove coma e aberrazione sferica limitano il contrasto.
Asahi Pentax-K 135/2.5
È il rehousing del Super-Multi-Coated Takumar 135/2.5 II e in quanto tale è un ottimo obiettivo.
I punti deboli dell’ottica sono ristretti alla piena apertura e riguardano l’aberrazione cromatica laterale e la nitidezza non ottimale ai margini del frame, dove si notano leggere sbavature dovute all’astigmatismo. Anche a f/2.5, però, l’obiettivo realizza buone immagini, in particolare nel campo del ritratto, dove un’acutanza estrema è spesso considerata più un difetto che un pregio. Sulle lunghe distanze di fuoco, in presenza di dettagli fini, i limiti ottici sono sicuramente più visibili. Da f/4 l’obiettivo produce immagini di notevole incisività a tutto campo e le aberrazioni cromatiche sono già ricondotte entro livelli accettabili, in particolare in asse. A f/5.6 l’obiettivo raggiunge il punto in cui diaframmare ancora non ha più conseguenze rilevanti sulla correzione ottica.
La restituzione del fuori fuoco è morbida e progressiva, ma alla massima apertura, allontanandosi dall’asse, gli highlight disc assumono rapidamente una forma ovale.
Nel complesso si colloca tra i migliori 135mm anni ‘70.
Asahi Pentax-K 200/2.5
Rispetto agli altri 180-200/2.8 testati, questo Pentax si è rivelato al massimo 1/5 di stop più luminoso.
Su un obiettivo di questo peso e dimensioni l’assenza di un collare per il treppiedi si fa sentire. Per fortuna, in posizione opposta alla finestra di la lettura della scala delle distanze, il barilotto offre una superficie immobile abbastanza larga da poter accogliere un supporto lente.
Alla massima apertura le aberrazioni cromatiche sono un incubo. È necessario chiudere a f/5.6 per contenerle e a f/8 per eliminarle. Come prevedibile, a f/2.5 la nitidezza non è ai massimi livelli e la resistenza ai riflessi interni è contenuta; tuttavia, grazie a un discreto livello di contrasto, si possono ottenere buone immagini anche a quest’apertura. A f/4 contrasto e risoluzione salgono e i riflessi interni diminuiscono. A f/5.6 l’intero frame presenta un’elevata nitidezza e l’aberrazione cromatica laterale è finalmente contenuta entro limiti accettabili. La distorsione è irrilevante e la vignettatura è difficilmente percepibile sin dalla piena apertura.
La resa del fuori fuoco è morbidissima.
La meccanica trasmette un senso di precisione e solidità. La ghiera della MAF scorre fluida e piacevolmente frizionata, non si rilevano giochi di alcun genere e nessuna delle copie testate ha presentato problemi di wiggle. Considerato il peso delle lenti e delle elicoidi, però, l’utilizzo di un follow focus economico è sconsigliabile, lo sforzo richiesto per movimentare la ghiera della MAF è notevole. Il barilotto include un paraluce retrattile di scarsa utilità su sensori Super35.
In conclusione il Pentax-K 200/2.5 è un obiettivo d’indubbia qualità ottico-meccanica, che come prevedibile paga l’assenza di vetri a bassissima dispersione.