Attacco F
In ordine cronologico i Nikon manuali si dividono in F, K, Ai e Ai-S. Mentre Ai e Ai-S non richiedono particolari accortezze, per adattare gli F e i K, spesso indicati in gruppo come Pre-AI, sono indispensabili alcune attenzioni. Prima di tutto è necessario scegliere anelli adattatori piatti, perché un eventuale bordo rialzato andrebbe a scontrarsi con la ghiera dei diaframmi. Inoltre può rendersi necessario rimuovere le “orecchie di coniglio”, la forcella di accoppiamento avvitata alla ghiera dei diaframmi, che spesso, sporgendo verso il basso oltre la ghiera stessa, rende impossibile l’accoppiamento con gli anelli adattatori. La forcella in questione non serve alcuno scopo sulle camere moderne e può esser tolta senza il minimo problema, si tratta di un intervento semplicissimo e pienamente reversibile. Infine può accadere che sia il meccanismo di blocco dell’anello adattatore a impedire l’accoppiamento con le ottiche Pre-AI. La soluzione più semplice in questi casi è rimuoverlo. Come vedremo più avanti ciò non rappresenta assolutamente un problema.
Con l’arrivo delle camere Ai, Nikon commercializzò dei kit di modifica che permettevano di trasformare in Ai gli obiettivi Pre-Ai. Le lenti così modificate vengono definite Ai’D e permettono l’utilizzo di qualsiasi anello adattatore in quanto i kit includono una ghiera del diaframma analoga a quella degli obiettivi Ai e Ai-S. Questi kit sono ormai fuori produzione ed è rarissimo trovare giacenze di magazzino o esemplari di seconda mano.
Montati su corpi di terze parti, tutti i Nikon manuali offrono le stesse identiche funzionalità a prescindere dalla versione di appartenenza.
Tranne rarissime eccezioni i Nikon manuali montano diaframmi a lame dritte, di conseguenza gli highlight disc prodotti da queste ottiche perdono la rotondità non appena ci si allontani dalla massima apertura.
L’impostazione meccanica dei Nikon F, K e Ai può creare problemi nelle applicazioni video. Per la focheggiatura questi obiettivi fanno scorrere lungo il barilotto la ghiera della MAF, di conseguenza può risultare difficile mantenere l’ingaggio della ghiera del follow focus lungo tutta l’escursione di fuoco. Per ovviare al problema esistono due soluzioni: si possono utilizzare delle ghiere per il follow focus di larghezza maggiorata o si possono utilizzare più ghiere insieme, affiancandole una all’altra. Per la prima opzione la scelta più economica è rivolgersi a chi realizza ghiere seamless in stampa 3D, per la seconda opzione è consigliabile utilizzare ghiere identiche tra loro affinché risulti più semplice allinearne i denti in maniera precisa.
Giungiamo così al principale, enorme problema degli obiettivi Nikon manuali: la qualità meccanica. Tutte le copie testate hanno presentato problemi di wiggle. Anche le giacenze di magazzino che sono riuscito a reperire hanno sviluppato questo difetto entro 1-2 anni di utilizzo. Grazie alla particolare morfologia della baionetta Nikon F, però, esiste una pratica che in molti casi aggira il problema. Vediamo come. Di norma gli adattatori F-EF si assicurano saldamente alla baionetta Nikon a prescindere dal blocco di sicurezza. Inoltre le ghiere della MAF dei Nikon manuali scorrono con morbidezza, non rischiano in alcun modo di sganciare l’obiettivo dall’adattatore, seppure questo venga lasciato libero. Infine le flange della baionetta Nikon F sono equidistanti tra loro e della stessa larghezza. Tutto ciò permette di accoppiare i Nikon manuali agli anelli adattatori in tre diverse posizioni e senza rischi. Ciò cambia le cose, perché non di rado, orientando un obiettivo in una posizione diversa da quella prevista, i problemi di frame shift scompaiono completamente. Nel caso in cui l’accoppiamento tra obiettivo e anello adattatore non appaia sicuro, è sufficiente apporre sull’anello un paio di piccole strisce di nastro biadesivo in posizioni opposte per evitare qualsiasi gioco o rischio di sganciamento. Il contrappasso di questa pratica è dover lavorare con l’obiettivo in posizione ruotata, con la scala delle distanze e dei diaframmi orientate lateralmente o verso il basso e quindi scomode da leggere per l’operatore.
Negli obiettivi Nikon la ghiera dalla MAF si muove in senso contrario rispetto allo standard cinematografico, l’infinito viene raggiunto ruotando verso destra.
Le ghiere dei diaframmi Nikon offrono clic a intervalli di uno stop sufficientemente spaziati da permettere impostazioni intermedie. Negli obiettivi in cui la massima apertura non corrisponde a un valore della classica scala degli stop interi, che parte da f/1, il primo intervallo è inferiore a uno stop e serve a raggiungere il primo valore intero classico possibile.
La principale risorsa online per acquisire informazioni sulle specifiche degli obiettivi Nikon è il sito Photosynthesis.
Nikon F
Tranne rarissime eccezioni si distinguono per la ghiera della MAF in metallo a sbalzi godronati. Sbalzi e metallo non sono ideali per l’attrito, quindi è consigliabile utilizzare ghiere seamless per il follow focus 0.5mm più strette del normale. La ghiera del diaframma è la stessa che si trova nei successivi K, presenta una sola fila di indici.
Le sigle associate alle ottiche F, oltre alle indicazioni relative alla focale e all’apertura massima, sono caratterizzate dalla presenza di una o due lettere aggiuntive. La prima lettera, sempre presente, identifica il numero di lenti che compongono lo schema ottico dell’obiettivo: Q sta per Quatour (4) P sta per Pente (5) H sta per Hex (6) S sta per Septem (7) O sta per Octo (8) N sta per Novem (9) e così via. La seconda lettera, se presente, è una C che contraddistingue gli obiettivi dotati di trattamento antiriflesso multistrato.
Nel passaggio alla versione C tutti gli obiettivi hanno mantenuto le proprie caratteristiche in termini di costruzione meccanica e schema ottico, tuttavia il nuovo trattamento superficiale dei vetri ha migliorato in maniera significativa la resistenza ai riflessi interni, in particolare per quanto riguarda il flare. Come risposta cromatica gli F di prima generazione sono piuttosto eterogenei, mentre i C risultano quasi tutti molto simili tra di loro e si caratterizzano per una cromaticità calda, tendente al giallo-ambra. Rispetto agli obiettivi precedenti i C sviluppano spesso un contrasto superiore e producono colori più puliti, più saturi e brillanti, conferendo una maggiore tridimensionalità alle immagini. Nei C lo sfocato si mantiene ricco di contrasti e sfumature, è dotato di notevole presenza e assume spesso caratteri pittorici; negli F di prima generazione queste caratteristiche sono decisamente meno marcate.
Personalmente trovo che gli F in versione C siano gli obiettivi più affascinanti che Nikon abbia mai prodotto. La “pasta” di questi vetri è materica, terrigna e corposa; uno sweet spot fra carattere marcato ed elevate prestazioni ottiche.
All’interno del corredo F mancano purtroppo un 20 e un 28mm sufficientemente luminosi e un 50mm veloce e performante.
Nikon K
Questa serie di obiettivi fu prodotta unicamente tra il 1974 e il 1977. Eccezion fatta per un paio di nuovi modelli, tra i quali emerge finalmente un 28/2.8 dotato di una buona corsa di fuoco, i K ripropongono gli stessi schemi ottici degli F, talvolta leggermente modificati come nel caso del 28/2. A cambiare sempre sono la ghiera della messa a fuoco, che diventa gommata, e il trattamento antiriflesso, che viene sostituito dal più performante NIC, utilizzato anche nei successivi Ai e in molti Ai-S. La risposta cromatica dei K è più fedele e più pulita di quella degli F; la resa complessivamente meno calda sposta in genere verso il blu la restituzione degli incarnati, che di conseguenza tendono al rosso-magenta con maggior facilità. Trovo che i vantaggi apportati dall’impiego del nuovo antiriflesso siano di gran lunga superati dallo svantaggio di dover rinunciare alla pasta visiva degli F.
Nikon Ai
In parte nuovi modelli, in parte riproposizioni dei precedenti K. Antiriflesso e resa cromatica sono gli stessi degli obiettivi della generazione precedente. Pe quanto concerne l’aspetto si differenziano dai K per la ghiera dei diaframmi, qui dotata di una doppia scala di indici.
Nikon Ai-S
Gli ultimi Nikon manuali. Dal punto di vista estetico si distinguono dagli Ai per la doppia scavatura nella baionetta e per l’indicazione del diaframma più chiuso colorata in arancio anziché blu sulla relativa ghiera.
In questa versione anche le ottiche mutuate dalla serie precedente adottano corse di fuoco più brevi e spesso inadeguate a un impiego video.
Numerosi Ai-S utilizzano l’antiriflesso NIC e ricalcano la resa cromatica degli Ai; in alcuni modelli è invece presente il più moderno NSIC, che introduce variazioni facilmente rilevabili ma non radicali.
Al gruppo degli Ai-S appartengono anche gli obiettivi Series E, creati per costituire un parco lenti più economico all’interno del sistema Nikon F e dissuadere gli utenti Nikon meno esigenti dal rivolgersi a produttori di terze parti. Questi obiettivi, nessuno dei quali merita attenzione, sono facilmente identificabili dalla dicitura Series E presente sul barilotto.
Nikon Nikkor-Ai-S 20/2.8
La corsa di fuoco di soli 90° è inadeguata alle esigenze video. Segnalo questa lente per offrire almeno un’alternativa in campo vintage al Flektogon Zeiss Jena, che è l’unico 20/2.8 dell’era analogica adattabile a Canon EF e dotato di una buona corsa di fuoco.
Il Nikkor 20/2.8 è uno dei migliori 19-21mm del periodo vintage. Su buona parte del frame la resa alla piena apertura non teme la rivalità neppure dei coevi 24-28mm. Il contrasto a centro immagine è subito buono e così la risoluzione; i bordi restano indietro accusando problemi di coma e aberrazione sferica, ma offrono comunque una qualità sufficiente nella maggior parte dei casi. Distorsione e curvatura di campo sono generalmente sotto controllo; percepibili ma non invadenti. A f/4 la risolvenza sale a tutto campo, il contrasto è molto buono e i colori sono vividi; restano indietro solo i bordi estremi. Tra f/5.6 e f/8 l’obiettivo raggiunge il proprio picco qualitativo e produce immagini di grande incisività. Il punto debole dell’ottica sono le aberrazioni cromatiche, specialmente a bordo frame, dove non servono soggetti o condizioni di luce particolarmente difficili per far emergere del fringing a qualsiasi diaframma. La vignettatura a f/2.8 è superiore a quanto ci si aspetterebbe da una lente Full Frame utilizzata su un sensore APS-C, tuttavia è sufficiente chiudere uno stop affinché l’oscuramento periferico risulti pressoché nullo. Il gruppo ottico flottante aiuta il contenimento delle aberrazioni alle coniugate brevi, ma la qualità ottica subisce una chiara flessione all’approssimarsi della minima distanza di fuoco.
La resistenza ai riflessi interni, resa complessa da uno schema ottico che annovera ben 12 elementi in 9 gruppi, non è delle migliori. I fenomeni di flare, per quanto non eccessivi come intensità, sono abbastanza frequenti.
Lo schema ottico di questo Ai-S è stato impiegato anche nelle successive versioni AF e AF-D. I nuovi modelli, costruiti perlopiù in plastica, recano ancora una ghiera del diaframma, offrono una corsa di fuoco 20° più ampia e risultano spesso più economici della controparte manuale.
Nikon Nikkor-Ai 24/2
Alla massima apertura, come prevedibile, l’obiettivo è infestato da diverse aberrazioni. La risoluzione a centro fotogramma è buona, ma il contrasto è basso, il fotogramma appare velato e la resa periferica è decisamente confusa. In condizioni di luce intensa, anche per i marcati fenomeni di glow nelle zone sovraesposte, è raro ottenere immagini utilizzabili. A partire da f/2.8 la situazione si normalizza e le prestazioni ottiche si adeguano a quelle ottenibili col 24/2.8 Ai. La lente meno veloce, però, offre una miglior correzione delle aberrazioni cromatiche e un più efficiente contenimento dei riflessi interni, che nel 24/2 rappresentano spesso un problema.
La resa dello sfuocato è piuttosto nervosa, in particolare dietro al piano di fuoco.
Il 24mm Nikkor-Ai più veloce, a conti fatti, non offre vantaggi significativi rispetto alla controparte meno luminosa, più comune e molto più economica.
Nikon Nikkor-N·C Auto 24/2.8
Nikon Nikkor 24/2.8 (K)
Un punto di svolta nella storia dell’ottica. Fu il primo obiettivo fotografico a impiegare una lente flottante. Questa soluzione tecnica permette al 24 Pre-AI di mantenere una buona correzione ottica sulle brevi distanze di fuoco senza sacrificare la resa a infinito.
A firmare questo progetto fu Yoshiyuki Shimizu, autore in casa Nikon di numerosi schemi ottici di straordinario successo, tra i quali il Noct-Nikkor 58/1.2 e il Nikkor-P 105/2.5.
Sin dalla piena apertura contrasto e risoluzione sono molto buoni su gran parte del fotogramma, tuttavia la definizione cala rapidamente in prossimità dei bordi; a f/2.8 i margini estremi del frame non vanno oltre la decenza. Per ottenere un’elevata nitidezza sull’intero fotogramma è indispensabile chiudere a f/5.6, ma già a f/4 la resa è più che sufficiente anche ai bordi.
Ai margini del frame la curvatura di campo è facilmente rilevabile, tuttavia il contenimento di quest’aberrazione rientra nei migliori standard del tempo, per un 24mm.
La vignettatura è minima e ristretta alla massima apertura. La distorsione è raramente percepibile. Il contenimento delle aberrazioni cromatiche non sarebbe oggetto di critica neppure in un obiettivo contemporaneo.
In sottoesposizione, come spesso accade con le ottiche più anziane, l’obiettivo tende a produrre immagini meno brillanti e più impastate sia per quanto riguarda i contrasti che le sfumature tonali.
Da segnalare che il Nikkor Pre-AI copre l’angolo di campo più largo tra tutti i 24mm qui analizzati.
La versione K usufruisce dell’antiriflesso NIC e quindi produce immagini più fredde della versione F.
Delle 6 copie F testate, 4 hanno presentato problemi di wiggle riducibili ma non risolvibili montando l’obiettivo in posizione ruotata, mentre in entrambe le copie K questo intervento ha del tutto eliminato il frame shift.
Nikon Nikkor-Ai 24/2.8
Viene spesso citato come miglior 24mm dell’era manuale.
Il Nikkor-N·C, di stretta misura, offre un maggior contenimento delle aberrazioni cromatiche, ma l’Ai risulta più corretto da ogni altro punto di vista. Nel nuovo modello le aberrazioni cromatiche sono visibili soprattutto ai bordi e alla massima apertura, tuttavia è raro che rappresentino un problema.
Nel 24/2.8 Ai l’area centrale del fotogramma è ottima sia come contrasto che come risoluzione già alla piena apertura. I colori sono vividi e la resa è brillante anche in condizioni di luce avversa. A f/2.8 i bordi estremi presentano una qualità d’immagine poco più che sufficiente, tuttavia la nitidezza è superiore a quella offerta nella stessa area dal Nikkor-N·C, grazie soprattutto al contrasto più elevato. La resa periferica migliora notevolmente già a f/4 ma è necessario f/5.6 perché i margini del frame siano in grado di risolvere dettagli fini.
Distorsione e vignettatura sono ben contenute, difficilmente percepibili, mentre la curvatura di campo, alla massima apertura, si fa sentire ai bordi estremi.
La resistenza ai riflessi interni è molto buona per quanto riguarda il flare e i riflessi parassiti, ma in situazioni di controluce sono comuni le immagini fantasma.
La riproduzione del fuori fuoco è decisamente spigolosa, sono frequenti doppi contorni e brusche transizioni, in particolare davanti al piano di fuoco; tanto che in confronto al Nikkor-N·C, a pari impostazioni, l’Ai sembra spesso più diaframmato.
Tra i 24mm analizzati in questo compendio, il Nikkor-Ai copre l’angolo di campo più stretto.
Nikon Nikkor-N·C Auto 28/2
La corsa di fuoco è leggermente superiore a quella offerta da gran parte dei moderni AF di pari focale ma è comunque limitata. Avendo trovato pochissime opzioni viabili tra i 28mm vintage, ho deciso di allargare un po’ le maglie.
La qualità meccanica è tipica Nikon: tutte le copie testate hanno mostrato problemi di wiggle, risolvibili montando l’obiettivo in posizione ruotata. Per un 28mm fotografico le dimensioni sono generose, indubbiamente d’aiuto su un camera rig.
A f/2 il contrasto è basso, sono evidenti aberrazioni cromatiche, glow attorno alle alte luci e una velatura generale. Difficilmente si possono ottenere immagini utilizzabili, a quest’apertura. A f/2.8 l’obiettivo si trasforma. Il contrasto è buono e la risoluzione è sufficiente anche ai bordi estremi. Le aberrazioni cromatiche sono contenute, i colori sono puliti e corposi e la separazione tra i piani è marcata. Le immagini appaiono vivide e tridimensionali. Tra f/4 e f/5.6 le aberrazioni cromatiche scompaiono e l’obiettivo raggiunge il proprio optimum, producendo immagini straordinariamente plastiche, ricche di contrasti e sfumature.
Vignettatura e distorsione sono ben corrette e la qualità ottica è mantenuta a qualsiasi distanza di fuoco, grazie anche al tripletto posteriore flottante.
La risoluzione dei dettagli fini, in zona centrale e a parità di diaframma, è sempre inferiore a quella prodotta dai migliori 28/2.8 del tempo, ma nel complesso il quadro trasmette un’ottima impressione di nitidezza grazie al contrasto elevato e a una resa particolarmente omogenea su gran parte del campo. A differenza della maggior parte dei grandangoli dell’era manuale, questo Nikon offre ai bordi estremi una qualità d’immagine piuttosto vicina a quella della zona centrale, anche in virtù di una curvatura di campo praticamente annullata a partire da f/4.
La riproduzione dello sfocato è morbida e progressiva, strutturata ma non nervosa, tipica Pre-Ai.
Insolitamente per un Nikon manuale, il diaframma monta lame curve e modella gli highlight disc in forma di ettagoni dagli angoli arrotondati. A partire da f/2.8 i dischi del fuori fuoco appaiono uniformi e privi di bordature nette, sia davanti che dietro al piano di fuoco.
La riproduzione degli incarnati trae pieno vantaggio dalle qualità ottiche dell’obiettivo, il contrasto elevato si sposa alla perfezione col potere risolvente più contenuto, modellando i volti senza accentuarne le imperfezioni.
La resa cromatica è molto calda, tendente al giallo-ambra, forse a causa di vetri ad alto contenuto di lantanio; sono necessari 3-400 °K di correzione per trovare il bianco. Ciò significa che una profilazione ad hoc si rivela necessaria per la correzione colore, a meno che non si voglia intervenire sul WB in fase di ripresa.
Le versioni K e Ai di quest’obiettivo, dotate di trattamento antiriflesso NIC e leggermente modificate nello schema ottico per aumentare di 0.5 mm lo spazio retrofocale, trovo che producano immagini molto meno plastiche della versione F.
La versione Ai-S, in grado di produrre immagini utilizzabili anche a f/2, presenta grosse difficoltà nella focheggiatura in quanto offre una minima distanza di fuoco di 25 cm anziché 30 ma continua a proporre una ghiera della MAF che ruota di soli 120°.
Nikon Nikkor 28/2.8 (K)
Nikon Nikkor-Ai 28/2.8
Alla massima apertura la risoluzione periferica è appena sufficiente, raggiunge un buon livello soltanto a f/5.6. Di contro l’obiettivo è in grado di produrre un ottimo contrasto a qualsiasi diaframma, aiutando molto la percezione della nitidezza anche laddove il potere risolvente è più basso. Nell’aerea centrale del fotogramma contrasto e risoluzione sono ottimi a qualsiasi apertura.
Per contenere l’aberrazione cromatica laterale, spesso fastidiosa a f/2.8, sono necessari uno o due stop di chiusura. È questo il principale punto debole dell’ottica, soprattutto nel caso la si voglia utilizzare nei primi piani, perché alla massima apertura le catch light possono facilmente causare un fringing purpureo.
La resa ottica di questo Nikon è brillante, i colori sono vividi anche in condizioni di luce sfavorevole o in sottoesposizione. La restituzione del fuori fuoco è sostanzialmente anonima, soffre con soggetti difficili, risulta piuttosto morbida in situazioni semplici.
La versione K e la versione Ai sono identiche dal punto di vista ottico.
Nikon Nikkor-O·C Auto 35/2
Nikon Nikkor 35/2 (K)
Nikon Nikkor-Ai 35/2
Come suggerito dai quattro decenni del suo arco produttivo (1965-2005) questo 35/2 è frutto di un calcolo ottico particolarmente felice. Il disegno lenti, opera anche stavolta di Yoshiyuki Shimizu, è rimasto invariato fino alla versione Ai-S, che tuttavia presenta una corsa di fuoco decisamente più breve. I principali punti deboli dell’obiettivo sono la scarsa resistenza ai riflessi interni e la ridotta correzione della curvatura di campo.
Alla massima apertura la resa è morbida e i bordi estremi sono incapaci di risolvere dettagli fini. L’aberrazione cromatica laterale è elevata e l’intero fotogramma appare velato. Solo lavorando in condizioni di luce favorevole e a seguito di un’adeguata post-produzione è possibile ottenere immagini utilizzabili. A f/2.8 la correzione ottica sale in maniera decisa, il flare di coma è pressoché annullato e il contrasto è molto buono su gran parte del fotogramma. I bordi estremi restano visibilmente indietro ma risultano abbastanza definiti per la maggior parte delle applicazioni. Solo la curvatura di campo si mantiene pronunciata e può costringere ad aggiustamenti di fuoco nel caso in cui il soggetto si sposti dal centro ai margini del quadro. La risoluzione in asse, pur non mostrando un significativo miglioramento fino a f/5.6, trae vantaggio dall’aumentato contrasto e dalla soppressione pressoché completa delle aberrazioni cromatiche; di conseguenza le immagini riescono a trasmettere un buon senso di nitidezza già al secondo diaframma. A f/5.6 la resa è ottima su tutto il fotogramma e da ogni punto di vista, tranne per la curvatura di campo, leggera ma ancora percepibile.
Le prestazioni sul campo di questo obiettivo, come spesso accade, si rivelano migliori di quanto la spietata analisi sulle mire ottiche possa indurre a pensare. È una lente che perde un po’ di brillantezza in sottoesposizione, fa sentire in questo senso la propria età, ma per il resto va considerato che la curvatura di campo, all’atto pratico, è raramente un problema e che l’obiettivo, chiuso anche solo uno stop, è in grado di offrire un buon livello di nitidezza sulla maggior parte del fotogramma.
Le versioni K e Ai, dotate di trattamento NIC, si comportano meglio nel contenere i riflessi interni, riescono spesso a mantenere un contrasto superiore e a produrre colori più brillanti e più puliti, ma in ogni caso, in situazioni di controluce, le immagini fantasma sono invadenti.
La riproduzione del fuori fuoco è quella tipica degli F: generalmente morbida e corposa. A f/2 gli highlight disc mostrano un bordo netto e una colorazione gradiente. Entrambi gli effetti si amplificano fuori asse e si riducono in larga misura a f/2.8, per poi scomparire a f/4.
Dal momento che le versioni K e Ai soffrono comunque molto i riflessi interni, prediligo senza dubbi la versione F per la sua particolare “pasta”.
Nikon Nikkor-Ai 50/1.2
È complessivamente il migliore tra i 50-58mm f/1.2 in montatura Nikon F. Il venerabile Noct-Nikkor 58mm, venduto oggi a cifre surreali, prevale solo per la nitidezza in asse a f/1.2 e per la straordinaria correzione del coma ai diaframmi più aperti, sua vocazione specifica.
La resa del 50/1.2 alla massima apertura è inferiore a quella del Nikkor-Ai 50/1.4 spalancato. Il ridotto contrasto e la velatura dovuti all’aberrazione sferica e al flare di coma fanno sì che a f/1.2 si possano ottenere immagini utilizzabili solo se realizzate in condizioni di luce favorevole e accuratamente post prodotte. A f/1.4, su gran parte dell’immagine, il 50/1.2 offre prestazioni leggermente superiori al Nikkor-Ai 50/1.4 tutto aperto, ma già a f/2 le differenze si fanno minime e da f/2.5 i due obiettivi sono praticamente indistinguibili, se si analizza la nitidezza in asse. Ai margini del frame, invece, il 50/1.4 risulta sempre un po’ più nitido nonché più corretto per quanto riguarda la distorsione, che nell’ottica più luminosa, in presenza di geometrie ben definite, diventa percepibile. Verso infinito, tra f/1.4 e f/2, il Nikon AI 50/1.2 si è dimostrato il più inciso tra tutti i 50mm del compendio. Notevoli sono anche la correzione dell’aberrazione cromatica laterale e del coma.
Per quanto riguarda la resistenza ai riflessi interni, il Nikkor-Ai 50/1.2 accusa maggiormente il flare e le conseguenti riduzioni di contrasto rispetto al Nikkor-Ai 50/1.4, ma non poi di molto.
La restituzione del fuori fuoco del 50/1.2 è spesso più nervosa di quella del 50/1.4 ma anche molto più caratterizzata, specialmente tra f/1.2 e f/1.4. Moltissimi fotografi amano questa lente proprio per l’istrionico bokeh prodotto alle massime aperture.
I Nikkor-Ai 50/1.2 sono obiettivi non comuni e particolarmente difficili da reperire in buone condizioni. Indirizzati ai giornalisti di reportage e al tempo piuttosto costosi, questi 50mm sono stati spesso abusati fino all’avvento dell’AF. Non è un caso che tutte le copie testate abbiano presentato seri problemi di wiggle e che in nessun caso sia stato possibile risolverli in maniera completa.
Messo in conto il rapporto di prezzo di circa 3:1 non è detto che le ragioni per preferire il 50/1.2 al 50/1.4 valgano l’esborso aggiuntivo. I motivi oggettivi per rivolgersi all’ultraluminoso anziché al modello più lento sono essenzialmente tre: la massima apertura, che tuttavia risulta difficilmente utilizzabile, la resa tra f/1.4 e f/2 e le dimensioni più generose, che possono favorire l’integrazione della lente all’interno di un camera rig completo.
Personalmente trovo questo Nikon straordinario nelle applicazioni di ritratto per via del particolare equilibrio tra contrasto e risolvenza che riesce a mettere in campo. Le immagini risultano plastiche e vitali ma i dettagli più fini, spesso problematici negli incarnati, sono riprodotti con morbidezza. Inoltre, a partire da f/2, la resa cromatica si fa ricchissima di sfumature, è fedele e pulita; una caratteristica molto apprezzabile nelle transizioni luce-ombra che disegnano la tridimensionalità dei volti.
Nikon Nikkor 50/1.4 (K, versione “new”)
Nikon Nikkor-Ai 50/1.4
Ufficialmente il modello AI esiste in una sola versione, ma ho notato una sistematica differenza di resa tra le copie con seriali fino al 41XXXX e quelle con seriali dal 44XXXX in poi. Non ho ancora testato copie intermedie. Alla massima apertura gli esemplari più recenti hanno mostrato un inferiore macro-contrasto e un maggiore flare di coma, particolarmente visibile nell’effetto glow delle zone sovraesposte. Le differenze erano evidenti già dal display della camera. Avendo messo alla prova ben 8 esemplari equamente distribuiti tra i due gruppi mi resta difficile non ipotizzare che qualcosa sia cambiato nel corso della storia produttiva di quest’obiettivo; se non altro dal punto di vista dei controlli qualità. Le considerazioni che seguono fanno riferimento a quattro esemplari AI con seriali tra 39XXXXX e 41XXXXX e a due esemplari K “new”; il comportamento di tutti questi obiettivi si è rivelato sostanzialmente sovrapponibile.
La resa a f/1.4 è in linea con quanto di meglio fosse possibile trovare al tempo. L’immagine appare complessivamente velata e afflitta dalle abituali aberrazioni, in particolare quelle cromatiche, tuttavia il piano di fuoco riesce a sviluppare un buon contrasto e il potere risolvente è notevole su tutto il fotogramma, considerata l’apertura. In termini di contrasto e contenimento delle aberrazioni cromatiche il Nikon si è dimostrato superiore anche alle migliori copie di Zeiss Planar, per quanto riguarda la resa centrale a f/1.4. Come al solito chiudendo uno stop la correzione ottica fa un balzo in avanti su tutto il frame, il velo scompare, contrasto e risoluzione salgono in maniera decisa e anche gli estremi fuori asse raggiungono un sufficiente livello di nitidezza. A f/2.8 la qualità è molto buona su tutto il fotogramma, la resa è brillante, vivida e pulita; ha senso chiudere ancora il diaframma solo per motivi di profondità di campo.
La riproduzione del fuori fuoco ricorda gli F in versione C: ha corpo, contrasto e ricchezza tonale. Gli Highlight disc sono puliti e mostrano un bordo evidente solo alla massima apertura.
Purtroppo le ghiere della MAF di questi obiettivi sono spesso a secco di lubrificanti e vittime di un qualche grado di gioco; questo si riflette sul movimento delle elicoidi e causa problemi di wiggle talvolta non risolvibili. Nessuno degli esemplari testati proponeva una qualità meccanica accettabile per riprese video.
All’interno della serie K il 50/1.4 è stato prodotto in due versioni conseguenti, la prima delle quali reca ancora lo schema ottico dell’ultimo 50/1.4 in versione F e offre prestazioni decisamente inferiori. La seconda versione, comunemente indicata come “new”, ha numeri di serie a partire da 3750401, una gommatura della ghiera della MAF con disegno a due file di rettangoli anziché tre, la scala della profondità di campo posizionata sulla presa di forza cromata anziché sulla parte nera del barilotto e il nameplate attorno alla lente frontale piatto anziché svasato.
Venendo alle considerazioni personali trovo che questo Nikon sia tra i migliori 50-58mm dell’era meccanica, dal punto di vista ottico. È un obiettivo che produce immagini incisive e di notevole presenza, è un felice sodalizio tra elevata correzione ottica e resa caratteristica.
Nikon Micro-Nikkor-Ai 55/2.8 (1:2)
Nikon Micro-Nikkor-Ai-S 55/2.8 (1:2)
Segnalo la versione Ai solo per dovere di cronaca, le copie di questo tipo sono pressoché introvabili in quanto furono prodotte solo per pochi mesi.
Prima di tutto i problemi: nel raggiungere la minima distanza di fuoco la ghiera della MAF si sposta in avanti di quasi due centimetri, limitando le possibilità di utilizzo sia di un follow focus che di un matte box. Inoltre la corsa di fuoco alle distanze medie e lunghe, come d’uso nei macro, è piuttosto contenuta. Da segnalare anche che tutte le copie da me testate, per quanto in condizioni estetiche pressochè perfette, soffrivano di un wiggle non correggibile.
Dal punto di vista ottico il Micro-Nikkor 55/2.8 è unanimemente considerato uno dei migliori macro dell’era meccanica. Nessuno dei coevi 50-60mm macro vantava una correzione ottica di pari livello sia alle brevi che alle lunghe distanze di fuoco. Per lungo tempo questa lente ha rappresentato la pietra di paragone di tutti gli obiettivi macro.
I principali punti di forza del Micro-Nikkor 55/2.8 sono il contenimento dell’aberrazione cromatica laterale, pressoché invisibile anche alle distanze medie e lunghe, e la quasi perfetta planeità di campo alle minime distanze di fuoco; questa, legata a un’eccezionale correzione dell’astigmatismo e raggiunta grazie a un gruppo ottico flottante, una caratteristica progettuale assente nelle ottiche omologhe della concorrenza. Anche l’aberrazione sferica è sostanzialmente annullata sulle distanze di ripresa medie e lunghe, alle quali il potere risolvente è notevole già a f/2.8. Il contrasto qui non è ottimale ma è comunque buono. Da f/4 ha senso chiudere ancora il diaframma solo per esigenze di profondità di campo. La distorsione è irrilevante a tutte le distanze di fuoco.
Tornando in campo macro, alla massima apertura l’aberrazione sferica è percepibile ma non preoccupante e lo stesso vale per le aberrazioni cromatiche. Chiudendo un paio di stop la correzione ottica è ottima. Spingendo il rapporto di riproduzione a 1:1 tramite tubi di prolunga, inversione o soffietto, la resa cala visibilmente ma resta su buoni livelli.
Lo sfocato è riprodotto con morbidezza, tuttavia in campo macro si possono creare transizioni fuoco-fuori fuoco piuttosto brusche. Alle distanze medie e lunghe i passaggi fuoco-fuori fuoco, aiutati da una minor criticità, risultano decisamente più morbidi.
La resistenza ai riflessi interni non è delle migliori per quanto riguarda i flare e le conseguenti perdite di contrasto, ma la lente frontale è abbastanza incassata da permettere al barilotto di fungere da paraluce evitando problemi nella maggior parte dei casi.
Molti utenti riportano presenza di olio sulle lamelle del diaframma. Il problema pare sia dovuto a un errato disegno delle vie di fuga dei lubrificanti e sarebbe quindi destinato a ripresentarsi anche dopo un’accurata pulizia dell’obiettivo. Avendo testato il Micro-Nikkor 55/2.8 solo in tre copie, tutte dotate di un diaframma pulito e scattante, non posso confermare questo difetto.
In conclusione consiglio questo Nikon a chiunque cerchi un macro 1:2 di altissima qualità, facilmente reperibile e tutto sommato economico, che non debba rivelarsi particolarmente utile al di fuori del suo campo specifico di applicazione. I difetti che limitano l’utilizzabilità di questa lente, come spesso accade con i Nikon, sono tutti meccanici.
Nikon Nikkor-H·C Auto 85/1.8
Nikon Nikkor 85/1.8 (K)
Questo tele Nikon, il cui esordio sul mercato risale al lontano 1964, continua a reggere il test del tempo in maniera sorprendente. Persino i successivi Ai e Ai-S 85/2 sono costretti a cedere il passo.
Alla piena apertura il Nikkor 85/1.8 produce immagini dotate di un buon contrasto e di una risoluzione più che sufficiente quasi a tutto a campo, con aberrazioni cromatiche visibili ma raramente eccessive. I bordi estremi sono affetti da astigmatismo e vittime di una pronunciata curvatura di campo, tuttavia affinché si noti un marcato decadimento della qualità d’immagine è necessario analizzare gli ultimissimi millimetri del frame. In sostanza, alla piena apertura l’obiettivo offre buoni risultati nella maggior parte dei casi.
A f/2 la correzione ottica migliora in maniera leggera ma visibile, riducendo in particolare l’aberrazione sferica e l’aberrazione cromatica laterale, con conseguente aumento del contrasto e della risoluzione su tutto il fotogramma. Da f/2.8 la resa è ottima a tutto campo.
Per annullare completamente l’aberrazione cromatica longitudinale è necessario chiudere a f/5.6, ma già da f/2.8 è difficile che il bokeh fringing si manifesti in maniera evidente.
La restituzione del fuori fuoco – e qui non posso che indulgere a considerazioni personali – è tra le più affascinanti che abbia mai osservato; in particolare per gli sfondi, che non di rado assumono connotazioni impressionistiche. Alla piena apertura le luci speculari fuori fuoco appaiono bordate, con evidenti segni di sferocromatismo; questo comportamento si minimizza già a f/2.8. Oltre f/2, le 6 lame dritte del diaframma trasformano gli highlight disc in esagoni ben definiti.
La versione K, col suo trattamento antiriflesso più moderno e più efficace, produce colori più freddi della F. Gli obiettivi della serie F, come al solito, trovo che offrano una pasta visiva più corposa.
Nel passaggio alla versione K, la minima distanza di fuoco è stata ridotta da 1m a 85cm. Tutte le copie in versione F hanno mostrato una resa periferica leggermente superiore alle K; è molto probabile che si tratti di un caso, ma è possibile che Nikon abbia apportato una piccola modifica allo schema ottico della versione più recente per migliorarne la resa alla minima distanza di fuoco.
La ghiera della MAF, in entrambe le versioni, scorre lungo il barilotto durante la focheggiatura, creando non poche difficoltà se si utilizza un follow focus.
Tranne una copia in versione K ancora intonsa e quindi in perfette condizioni meccaniche, tutti gli esemplari di 85/1.8 testati presentavano evidenti problemi di wiggle non sempre del tutto correggibili montando l’obiettivo in posizione ruotata.
Per la combinazione di prezzo, reperibilità, luminosità massima e prestazioni ottiche, questo Nikon 85/1.8 è a mio avviso uno degli obiettivi più interessanti dell’intero periodo vintage.
Nikon Nikkor-Ai 85/2
Per quanto mi riguarda è il meno interessante tra i Nikkor manuali utilizzabili in ambito cinematografico. Trova posto in questo compendio in quanto economico, facilmente reperibile e capace di offrire prestazioni ottico/meccaniche sufficienti.
A f/2 la resa è piuttosto debole, aberrazione sferica e flare di coma riducono sensibilmente il contrasto. Le aberrazioni cromatiche sono evidenti e la risoluzione si attesta su livelli tutt’altro che encomiabili. Tranne che in situazioni di luce scarsa è raro che la massima apertura conduca a buoni risultati.
A f/2.8 l’obiettivo cambia marcia e inizia a produrre immagini pienamente utilizzabili. I risultati, tuttavia, sono poco brillanti; mancano di presenza e di vividezza, specialmente se confrontati a quelli del precedente Nikkor 85/1.8.
Tra f/4 e f/5.6 l’obiettivo offre le prestazioni migliori, le immagini si fanno incisive e raggiungono ottimi livelli di contrasto e risoluzione su tutto il fotogramma.
Le aberrazioni cromatiche appaiono contenute a partire da f/2.8, la vignettatura è minima anche a diaframma spalancato, la distorsione è quasi nulla e la riproduzione del fuori fuoco è generalmente morbida e progressiva.
Nikon Nikkor-P·C Auto 105/2.5
Nikon Nikkor 105/2.5 (K)
Nikon Nikkor-Ai 105/2.5
Nikon Nikkor-Ai-S 105/2.5
Una pietra miliare del sistema Nikon, rimasta in produzione dal 1972 al 2005 e da molti considerata la migliore ottica da ritratto dell’era analogica. La fama di questa lente è cresciuta anche in grazia del suo utilizzo da parte di Steve McCurry per la celebre fotografia Ragazza afgana.
Yoshiyuki Shimizu disegnò lo schema ottico di questo Nikkor utilizzando come base il progetto del Nikkor-P 10.5/2.5 del 1949, firmato dal suo stesso maestro Zenji Wakimoto, uno dei nomi più illustri nella storia dell’ottica fotografica.
Nel disegnare questo 105mm particolare attenzione fu posta alla resa del fuori fuoco, che al di là del piano di fuoco risulta morbido e progressivo anche nelle condizioni più difficili. Davanti al piano di fuoco possono emergere doppi bordi e transizioni un po’ brusche, ma solo in presenza di soggetti complessi.
Alla massima apertura l’immagine è visibilmente più morbida che ai diaframmi successivi; un certo livello di aberrazione sferica fu probabilmente lo scotto da pagare per uno sfuocato da manuale. Comunque sia, anche a f/2.5 l’obiettivo risulta pienamente utilizzabile per la maggior parte delle applicazioni e l’acutanza limitata non rende affatto difficoltosa la focheggiatura, che può contare su un buon microcontrasto. Sin dal diaframma più aperto la differenza di resa tra centro e bordi è minima, a f/2.5 si notano più che altro un contrasto leggermente inferiore che ai diaframmi succesivi e una lieve curvatura di campo. Già a f/4 l’obiettivo consegna immagini difficilmente criticabili, per quanto non raggiunga un livello di nitidezza elevato neppure chiudendo ancora. In questo senso la divergenza di resa nei confronti dello Zuiko 100/2.8, per fare un raffronto con un’ottica di concezione completamente diversa, è eclatante. Il Nikkor prevale però per quanto riguarda il contrasto e la pulizia cromatica, due fattori che rendono le immagini del Nikon a f/2.5 più incisive di quelle dell’Olympus a f/2.8.
Le aberrazioni cromatiche sono contenute e si riducono alla chiusura del diaframma. Il fringing, come nel Nikkor 135/2.8, tende più al rosso che al magenta, richiama molto l’effetto halation della pellicola.
Si notano delle differenze nella risposta cromatica delle varie versioni, dovute ai diversi trattamenti antiriflesso. Il Nikkor-P·C, col suo accento ambrato, è decisamente il più caldo; il K e l’Ai sono più freddi e tendono al ciano; l’Ai-S si sposta sul blu e spesso accentua toni rosso-magenta nel cielo e negli incarnati.
La resistenza ai riflessi interni è buona in tutte le versioni, in particolare nell’Ai-S, che soprattutto alla massima apertura riesce a produrre immagini più contrastate rispetto ai modelli precedenti.
Nella versione Ai-S il barilotto include un paraluce retrattile e il diaframma monta lame dritte anziché curve, condizionando negativamente la delicatezza del fuori fuoco. Quest’ultima versione offre un fondamentale vantaggio rispetto alle precedenti, ossia una concezione meccanica rinnovata, grazie alla quale la ghiera della MAF scorre soltanto di pochi millimetri lungo il barilotto nel corso della focheggiatura; nelle versioni precedenti, se si utilizzano ghiere di larghezza standard, mantenere il follow focus ingaggiato può risultare impossibile.
Tutte le copie testate hanno presentato problemi di wiggle, in genere risolvibili montando l’obiettivo in posizione ruotata. In nessuna copia la ghiera della MAF scorreva in maniera perfettamente fluida e omogenea, neppure in un esemplare apparentemente mai utilizzato; il problema era percepibile solo nell’utilizzo a mano libera e abbastanza contenuto, ma comunque fastidioso. Nella maggioranza dei casi la sostituzione dei lubrificanti ha mitigato il problema sino a renderlo irrilevante.
La corsa di fuoco dei Nikkor 105/2.5 F, K e Ai è leggermente più corta di quanto desiderabile; è adeguata all’impiego cinematografico ma presenta senza dubbi qualche limite nell’utilizzo a mano libera. La versione Ai-S offre una ghiera della MAF dall’escursione ancora più breve, costringe all’utilizzo di un follow focus chiunque esiga un buon controllo della focheggiatura.
Chiudo con qualche nota personale. La prima volta che ho testato quest’obiettivo, conoscendone la fama, sono rimasto sorpreso. Dall’analisi sulle mire ottiche il Nikkor risultava inferiore come risolvenza a qualsiasi 100/2.8 avessi provato sino a quel momento. Portato l’obiettivo sul campo, però, si è rivelato palese come i test di laboratorio raccontino sempre una storia parziale. Ai fini della nitidezza percepita nelle abituali condizioni di osservazione, come a metri di distanza da uno schermo cinematografico, il microcontrasto è ben più importante della risolvenza pura. Soprattutto se si tratta d’immagini in movimento. E in quanto a microcontrasto il Nikkor 105/2.5 fa pienamente il suo lavoro, creando immagini incisive e dotate di un buono stacco tra i piani. Le mie uniche rimostranze nei confronti di quest’obiettivo riguardano come d’uso la meccanica poco precisa, triste peculiarità dei Nikon pre-AF.
Nikon Nikkor 135/2.8 (K, versione “new”)
Nikon Nikkor-Ai 135/2.8
Nikon Nikkor-Ai-S 135/2.8
Sulle lunghe distanze di fuoco la massima apertura è piuttosto debole, il contrasto è appena buono e si nota del glow nelle zone colpite da luce intensa. Sono presenti i segni dell’aberrazione sferica e un leggero velo comatico. Nel complesso le immagini realizzate in queste condizioni hanno una qualità più che sufficiente ma non brillante. Alle distanze di fuoco medio-brevi, per le quali l’obiettivo è chiaramente ottimizzato, la resa è nettamente superiore e si traduce in immagini di alta qualità a tutto campo sin dalla piena apertura. A f/4 la correzione ottica si affina da ogni punto di vista e da f/5.6 l’intero fotogramma si fa ottimo anche sulle lunghe distanze di fuoco. L’aberrazione cromatica laterale, sebbene visibile, è eccezionalmente contenuta per un’ottica di questa luminosità e focale, priva di lenti a bassissima dispersione. Tra l’altro, come nel 105/2.5, il fringing tende generalmente al rosso e di conseguenza ricorda più l’effetto halation della pellicola che le aberrazioni ottiche. La vignettatura è leggera già a f/2.8 e la distorsione è pressoché nulla. La resistenza ai riflessi interni è buona.
Nella maggior parte dei casi la restituzione del fuori fuoco è morbida e progressiva, il limite maggiore in questo ambito potrebbe essere rappresentato dal diaframma a sette lame dritte, che trasforma gli highlight disc in ettagoni ben definiti sin da f/3.5.
Da notare le dimensioni ridotte dell’obiettivo, la presenza di un paraluce incorporato e la minima distanza di fuoco di soli 130 cm, una misura decisamente contenuta rispetto a gran parte della concorrenza.
Come nel 105/2.5 la revisione meccanica della versione Ai-S risolve i problemi di accoppiamento col follow focus in quanto riduce a pochi millimetri lo scorrimento della ghiera della MAF lungo il barilotto durante la focheggiatura. Con le versioni K e Ai l’utilizzo di un follow focus è sempre possibile ma può risultare complesso. Va comunque segnalato che la corsa di fuoco della versione Ai-S è più breve di quella dei modelli precedenti e può creare difficoltà di altro genere.
Il focus breathing è particolarmente visibile.
In fatto di resa cromatica e di resistenza ai riflessi interni le tre versioni sono sostanzialmente sovrapponibili.
La versione K “new” è distinguibile dalla precedente per l’assenza del nameplate attorno alla lente frontale e per la minima distanza di fuoco di 1.3 anziché 1.5 m.
Nikon Nikkor-P·C Auto 180/2.8
Ci sono tre motivi per preferire questo modello al successivo Ai-S: il prezzo, che di media è leggermente più contenuto, la corsa di fuoco ben più generosa e la particolare “pasta” degli obiettivi F. Sotto il profilo tecnico il 180 ED è superiore da ogni punto di vista, in particolare alla massima apertura. Nel contesto del suo tempo il 180 Pre-Ai si proponeva come un ottimo obiettivo, ma l’assenza di vetri a bassissima dispersione lo ha fatto invecchiare ben più rapidamente dell’Ai-S.
La resa ottica del Nikkor-P·C è complessivamente buona. A f/2.8 non è brillante ma è comunque più che accettabile; diaframmato a f/4 produce immagini dotate di un contrasto e di una risoluzione non lontani dai livelli dell’ED. L’aberrazione cromatica laterale, invece, è decisamente più invasiva e lo stesso vale per i riflessi interni.
Così come il modello ED, il Pre-Ai non dispone di attacco per il treppiedi né di una superficie immobile abbastanza larga per un collare. Durante la focheggiatura la ghiera della MAF avanza ampiamente sul barilotto e rende complicato l’utilizzo di un follow focus.
Nota di colore: questo 180mm faceva parte della collezione di obiettivi di Stanley Kubrick.
Nikon Nikkor-Ai-S ED 180/2.8
Dal punto di vista tecnico è uno dei migliori obiettivi vintage sopra i 135mm. Grazie anche al vetro ED (Extra-low Dispersion) questo Nikon offre un buon contenimento dell’aberrazione cromatica laterale e produce immagini di notevole incisività. Al tempo, ottenere simili prestazioni da un teleobiettivo luminoso e dal prezzo non esorbitante, nonché relativamente leggero e compatto, rappresentò una rivoluzione.
La nitidezza è molto buona su tutto il fotogramma sin dalla piena apertura. A f/2.8 si notano in particolare un elevato contrasto e un’ottima correzione del coma. La risposta cromatica a diaframma spalancato, però, è molto meno precisa che ai diaframmi successivi; a f/2.8 le immagini sono piuttosto fredde, lasciano emergere un eccesso di blu-magenta fastidioso soprattutto negli incarnati. Già a f/4 la deriva cromatica si minimizza, le immagini sono così definite da non invitare a ulteriori chiusure di diaframma. L’aberrazione cromatica longitudinale, per quanto non estrema, emerge con facilità; su focali così lunghe solo le migliori ottiche apocromatiche riescono a fare di meglio. Verso la minima distanza di fuoco risoluzione e contrasto decadono rapidamente; per eguagliare la resa ottenibile alle distanze medio-lunghe è necessario chiudere almeno uno stop in più.
La resistenza ai riflessi interni è molto buona anche in rapporto agli standard attuali. Il barilotto integra un paraluce retraibile calamitato che si blocca con sicurezza sia in posizione di lavoro che di riposo.
La restituzione del fuori fuoco è da manuale, sempre morbida e progressiva anche in situazioni difficili. Gli hilight disc sono puliti e raramente mostrano contorni netti, ma assumono forma chiaramente ennagonale già a f/4 per via del diaframma a lame dritte.
Il focus breathing è marcato, può facilmente risultare fastidioso.
Nel complesso il Nikon Ai-s 180 è un obiettivo dalla resa moderna e per questo motivo rischia di collocarsi non benissimo all’interno di un corredo vintage.
La costruzione meccanica è sorprendente: la ghiera della MAF si ruota con un dito. Purtroppo però il barilotto non offre un attacco per treppiedi né superfici immobili abbastanza spaziose da accogliere un collare; di conseguenza mantenere la stabilità nelle transfocature non è affatto semplice. La presa di forza del barilotto può essere utilizzata per sostenere l’obiettivo con un supporto da camera rig, ma ciò non cambia molto la situazione in quanto tale presa è vicina alla baionetta. Va aggiunto che la corsa di fuoco è di soli 180° e quindi non permette un’adeguata libertà di gestione delle transfocature. Questo sarebbe un difetto sufficiente a escludere l’obiettivo dal PL-4V, ma trattandosi dell’unico 180mm del periodo vintage che sia al contempo economico, adattabile a Canon e ben corretto nei confronti dell’aberrazione cromatica laterale, ho deciso di includerlo.
La lente frontale a bassissima dispersione è particolarmente tenera e non è protetta da un vetro neutro come accade di solito. Se la si vuole mantenere integra è necessaria la massima attenzione. Non è un caso che oggi molti esemplari del Nikon 180 Ai-S accusino graffi e ammaccature sull’elemento anteriore.