OLYMPUS

Attacco OM

Gli OM sorprendono per l’estrema compattezza. Una qualità che negli obiettivi cinematografici è tutt’altro che desiderabile, specialmente quando la camera è montata su un rig completo.

Negli Olympus manuali la ghiera della MAF e quella dei diaframmi si trovano quasi sempre in posizioni invertite rispetto alla norma, cosicché la ghiera del fuoco risulta separata dal corpo macchina di pochi millimetri. Questa collocazione può risultare estremamente scomoda per diversi tipi di utilizzo, ma può rappresentare un vantaggio in presenza di un matte box ingombrante, perché un eventuale follow focus, posizionato a ridosso del corpo macchina, ha meno possibilità d’interferire col matte box stesso.

La corsa di fuoco degli Olympus è in genere molto limitata, soprattutto nelle focali più brevi, che risultano spesso inadatte a transfocature su distanze medie e lunghe.

In breve, dal punto di vista della concezione meccanica, il sistema OM è il meno adatto a un impiego cinematografico.

La qualità costruttiva degli Olympus dell’era analogica è però di alto livello. I fenomeni di wiggle sono estremamente limitati. Le ghiere della MAF sono sempre fluide, precise e piacevolmente frizionate. Le ghiere dei diaframmi sono prive di giochi, scattano e si bloccano in maniera sicura a intervalli di uno stop ma sono scomode quando si tratta d’impostare valori intermedi.

Anche la qualità ottica è molto buona, numerosi modelli competono con la migliore concorrenza del tempo nonostante il prezzo spesso inferiore. La risposta cromatica degli esemplari con antiriflesso a strato singolo è solitamente calda, tendente al giallo-verde; gli obiettivi più moderni risultano invece abbastanza fedeli e simili tra loro, senza grandi differenze tra le versioni Multi Coated e Nano Multi Coated.

Gli obiettivi OM di prima generazione sono riconoscibili dalla finitura frontale cromata, una nota estetica che ha portato l’utenza a indicare come “Chrome Nose” queste prime versioni degli Olympus OM.

Per una lista completa degli obiettivi Olympus OM e delle loro specifiche: Lens-DB

Olympus G. Zuiko Auto-S 55/1.2

I primi esemplari esibiscono un filetto anteriore cromato, assente nelle copie più recenti.

A prescindere dalla generazione di appartenenza e nonostante che all’interno del corredo Olympus i trattamenti superficiali multistrato fossero largamente utilizzati, il 55/1.2 ha sempre usufruito di un antiriflesso a strato singolo.

Le dimensioni compatte e il posizionamento della ghiera della MAF a ridosso della baionetta possono causare problemi, soprattutto se si utilizza un follow focus. Neppure la corsa di fuoco è particolarmente indicata per l’uso video, siamo al limite dell’accettabile. L’obiettivo trova posto in questa selezione per via di un raro connubio tra elevate prestazioni ottiche, luminosità notevole, meccanica precisa e prezzo contenuto. È solo per la scarsa resistenza ai riflessi interni che questa lente resta indietro rispetto alla concorrenza.

L’intonazione cromatica è leggermente fredda. Si nota una tendenza al magenta, più marcata ai diaframmi più aperti. Si tratta di un comportamento decisamente insolito all’interno del corredo OM.

A f/1.2 il flare di coma è evidente. L’immagine è velata, il contrasto è basso e le alte luci sovraesposte producono facilmente un effetto glow, in particolare a bordo frame, dove la distorsione delle luci puntiformi dovuta al coma è ben visibile. A tutto ciò si accompagnano evidenti fenomeni di aberrazione cromatica. Il quadro non è certo idilliaco ma è normale per un’ottica vintage di questa focale e luminosità. Tra l’altro, sotto il velo comatico, si nota una risoluzione particolarmente elevata, considerando l’apertura. Ciò significa che in condizioni di luce favorevole, sfruttando la porzione centrale del fotogramma e lavorando bene in post produzione, è possibile ottenere immagini utilizzabili anche a f/1.2. Questo è prova che ci troviamo di fronte a un obiettivo di alto livello. A f/2 il flare di coma è pressoché risolto, il contrasto sale e il potere risolvente aumenta con esso. Anche il coma periferico è limitato e sia la deformazione delle luci puntiformi che l’effetto glow si fanno contenuti. Solo le aberrazioni cromatiche restano ben visibili. Siamo comunque a un livello di piena utilizzabilità nella maggior parte delle situazioni e del fotogramma. Da f/2.8 la resa è buona a tutto campo, i difetti visivi legati al coma sono sostanzialmente assenti e l’immagine è pulita, strutturata e incisiva. Permane dell’aberrazione cromatica laterale a bordo frame, raramente fastidiosa. La resa nel suo complesso migliora ulteriormente a f/4 e raggiunge l’optimum a f/5.6, dove anche in situazioni estreme è raro notare aberrazioni cromatiche.

La restituzione del fuori fuoco varia molto in base ai diaframmi e alle distanze di lavoro, è difficile da valutare nel suo complesso. Tra f/1.4 e f/2, soprattutto nelle zone prossime al piano di fuoco, è frequente una certa irrequietezza, in gran parte legata a sbavature da coma e astigmatismo. Da f/2.8 la situazione migliora, sia i contorni che le transizioni fuoco-fuori fuoco si fanno molto più morbide ed è raro notare effetti distraenti, seppure in presenza di soggetti difficili.

Il modello che successe al 55/1.2 fu lo Zuiko Auto-S 50/1.2, un obiettivo che usufruisce di trattamento antiriflesso multistrato e che nel complesso supera, sebbene di pochissimo, le prestazioni ottiche del suo predecessore. Il nuovo modello, ancora più leggero e compatto, risulta oggi ben più costoso e molto più difficile da reperire.

Olympus E. Zuiko Auto-T M-System 100/2.8

Olympus E. Zuiko Auto-T “Chrome nose” 100/2.8

Olympus E. Zuiko Auto-T 100/2.8

Olympus Zuiko MC Auto-T 100/2.8

Olympus Auto-T 100/2.8

Per le dimensioni sembra più un 50 che un 100mm. La ghiera della MAF è posizionata a ridosso della baionetta, spunta a malapena oltre l’impugnatura delle macchine fotografiche; che quindi, sul lato della presa, rendono difficoltoso l’utilizzo di un follow focus. La lunghezza limitata del barilotto, però, unita a una ghiera della messa a fuoco leggerissima, riduce fortemente il rischio di vibrazioni durante le transfocature, una caratteristica molto preziosa in un 100mm.

La qualità costruttiva è ottima. I 5 esemplari provati, oltre a non soffrire il minimo problema di centratura, solo col follow focus hanno mostrato un leggerissimo wiggle, annullabile con l’utilizzo di un paraluce leggero.

A f/2.8 il contrasto è buono e la risoluzione è già ottima a tutto campo. L’acutanza è leggermente indebolita da un accenno di aberrazione sferica e le distorsioni cromatiche emergono con una certa facilità, ma nonostante i limiti la resa a tutta apertura è straordinariamente nitida. Siamo ai massimi livelli per un’ottica pre-AF con queste specifiche. Chiudendo uno stop l’immagine si pulisce, il contrasto sale e le aberrazioni cromatiche si fanno irrilevanti nella maggior parte dei casi. Già a f/4 i margini di miglioramento sono davvero sottili. A f/5.6 la resa ottica è sostanzialmente perfetta. È forse la lente f/2.8 dell’era meccanica più nitida che abbia mai provato. Va notato però che verso la minima distanza di fuoco la luminosità decresce in maniera percepibile; a 1m l’obiettivo perde quasi 1/3 di stop.

Il focus breathing è particolarmente visibile.

La restituzione del fuori fuoco è molto più morbida davanti che dietro al piano di fuoco, dove con soggetti difficili può facilmente diventare nervosa. A f/4 il foro del diaframma assume una forma leggermente dentata che si riflette sugli highlight disc; siamo comunque lontani da un evidente ninja star bokeh. I dischi del fuori fuoco appaiono solitamente puliti e omogenei, tuttavia alla massima apertura possono accusare un bordo colorato da sferocromatismo.

Le prime tre versioni dell’OM 100/2.8 sfruttano il medesimo antiriflesso a strato singolo e presentano seri problemi sia di flare che di ghosting. La quarta versione reca la dicitura MC sull’anello frontale e possiede un trattamento multistrato; questo limita sia la perdita di contrasto nei controluce che la creazione d’immagini fantasma. La quinta e ultima versione, dotata di Nano Multi Coating e distinta da numeri di serie a partire da 2XXXXX, offre le prestazioni migliori per quanto riguarda il contenimento dei riflessi interni.

Trovo che le versioni con antiriflesso a strato singolo, benché meno performanti, producano immagini dotate di un particolare fascino per via di una speciale delicatezza nella riproduzione dei contrasti e dei colori; questi ultimi, leggermente più verdastri, acquistano una sorta di tenuità che ricorda l’acquerello, risultando meno saturi ma non per questo privi di vitalità.

Olympus E. Zuiko Auto-T 135/2.8

Olympus Zuiko Auto-T 135/2.8

Dal punto di vista ottico questo Zuiko è in sostanza il 100/2.8 con prestazioni e angolo di campo leggermente ridotti. Nel confronto diretto il 135 risulta meno inciso, in particolare alla massima apertura, dove si può notare anche un lieve calo di nitidezza in prossimità dei bordi. Nel complesso le immagini sono comunque più che accettabili, siamo sempre su un buon livello. Chiudendo uno stop la resa migliora soprattutto per quanto riguarda il contrasto e si fa pressoché omogenea su tutto il fotogramma. A f/5.6 contrasto e risoluzione raggiungono livelli molto buoni a tutto campo.

Il principale punto debole di quest’obiettivo è lo scarso contenimento dell’aberrazione cromatica laterale, che nelle situazioni più difficili persiste anche a f/8. Nella maggior parte dei casi, però, già a f/4 si ottengono immagini sufficientemente pulite.

La restituzione del fuori fuoco ricalca quanto visto nel 100/2.8, offrendo davanti al piano di fuoco i risultati migliori. Gli highlight disc appaiono quasi sempre puliti e omogenei, ma tendono facilmente a mostrare un bordo netto, soprattutto alla massima apertura, per via dello sferocromatismo. A f/4 il foro del diaframma assume una forma leggermente dentata che si riflette sugli highlight disc.

Dal punto di vista meccanico la qualità Zuiko trova conferma anche in questo modello. Grazie alle dimensioni più generose rispetto alla media degli OM, il posizionamento della ghiera della MAF sulla parte bassa del barilotto non risulta eccessivamente scomodo.

La prima versione di questo 135/2.8 è dotata di antiriflesso a strato singolo, mentre la seconda, denominata Zuiko anziché E. Zuiko sul nameplate frontale, usufruisce di un trattamento multistrato dalle prestazioni decisamente superiori. Entrambe le versioni includono un paraluce retrattile, che su sensori Super35 risulta sottodimensionato.