ROLLEI

Attacco QBM

Per adattarsi all’attacco EF gli obiettivi Rollei richiedono un procedimento particolare. La baionetta QBM è fissata alla base dell’obiettivo per mezzo di tre viti; una volta rimossa, le tre viti possono essere impiegate per montare l’anello QBM-EF, che quindi rimpiazza la connessione originale con perfetta stabilità. Sebbene di pochissimo, in quest’operazione gli obiettivi perdono quasi sempre la possibilità di focheggiare a infinito. Ciò è dovuto allo spessore eccessivo degli anelli QBM-EF, maggiorati per non risultare troppo flessibili. Per fortuna modificare di poco l’infinito di un obiettivo è un’operazione semplice e può essere effettuata da qualsiasi foto riparatore, di solito per una spesa minima.

Gli adattatori QBM-EF non possono essere utilizzati quando le viti alla base della baionetta Rollei sono cinque anziché tre. Questo limita drasticamente l’offerta del parco QBM.

Per il sistema Rollei, Zeiss ha riproposto alcuni modelli Contax ma ne ha anche disegnati di nuovi. Gli obiettivi della casa tedesca in attacco QBM sono stati in buona parte concessi in licenza e possono quindi essere marchiati Zeiss, Voigtländer o Rollei, in base allo stabilimento di produzione. Gli Zeiss/Contax riproposti all’interno del sistema QBM vengono solitamente venduti a cifre superiori rispetto agli originali, specialmente se dotati di diaframma a sei lame sovrapposte a coppie; questi obiettivi, se diaframmati, producono highlight disc di forma triangolare.

Rollei sviluppò un antiriflesso proprietario in collaborazione con Zeiss, l’HFT, un trattamento dalle prestazioni molto elevate, spesso equiparato al T* della casa tedesca. Questo antiriflesso fu applicato sulle migliori ottiche del sistema Rollei, a eccezione di quelle realizzate direttamente da Zeiss, che per comodità produttiva impiegava l’antiriflesso T*, sebbene, per ragioni commerciali, sugli obiettivi venisse comunque riportata la dicitura HFT.

La linea Rolleinar, quasi interamente composta da rehousing di obiettivi Mamiya, rappresenta l’offerta economica del sistema Rollei QBM. Queste lenti sono piagate da una qualità meccanica decisamente scarsa, i problemi di wiggle sono frequenti e non di rado estremi. Alcuni Rolleinar sono stati marchiati Voigtländer AR perché prodotti nello stabilimento della Voigtländer; questi obiettivi vengono spesso venduti a un prezzo più elevato rispetto ai Rolleinar ma offrono le stesse qualità ottico/meccaniche.

Trovo il sistema Rollei di limitato interesse per chi voglia crearsi un parco ottiche a uso cinematografico, soprattutto se contenere i costi è un fattore importante. Per questo motivo, almeno per questa prima edizione, ho deciso di limitare a due soli modelli la presenza dei QBM tra gli obiettivi consigliati.

Un elenco completo delle ottiche del sistema Rollei QBM è reperibile su Lens-DB.

HFT Rolleinar 28/2.8

Questo rehousing del Mamiya-Sekor E è il miglior 28mm del sitema Rollei e vanta l’apprezzatissimo trattamento antiriflesso High Fidelity Transfer.

A f/2.8 un’ampia zona centrale offre un buon livello di contrasto e una risoluzione adeguata. I bordi sono sufficienti. Si notano un leggerissimo flare di coma e un leggero glow nelle alte luci. Da f/4 la resa ottica in asse diventa molto incisiva, i colori sono densi, vitali e puliti; la resa periferica permane visibilmente indietro ma si fa buona. A f/5.6 tutto il frame garantisce una resa brillante.

L’aberrazione cromatica laterale alla massima apertura è il punto debole dell’obiettivo. A f/2.8, nelle transizioni ad alto contrasto, si nota un blue fringing ampio e marcato anche in zona centrale. Da f/4 il fenomeno è già minimizzato e risulta raramente visibile.

Distorsione, vignettatura e curvatura di campo sono contenuti ma la resistenza ai riflessi interni è scarsa, l’obiettivo mostra facilmente sia flare che immagini fantasma e riflessi parassiti.

La restituzione del fuori fuoco è generalmente morbida sia davanti che dietro al piano di fuoco.

La qualità meccanica è buona, tutte le copie hanno mostrato un leggero problema di wiggle, risolvibile impiegando un paraluce leggero.

In estrema sintesi si tratta di un obiettivo decisamente consigliabile agli amanti dell’estetica vintage ma poco indicato per chi ricerchi una lente pienamente affidabile sin dalla massima apertura.

Carl Zeiss Planar 50/1.8 – QBM

Oberkochen Opton Pl HFT 50/1.8 – QBM

Voigtländer Color-Ultron 50/1.8 – QBM, M42

Rollei Planar 50/1.8 – QBM

Rollei Planar HFT 50/1.8 – QBM

Zeiss progettò quest’obiettivo appositamente per il sistema Rollei, che lo incluse nel proprio parco nel 1970. Lo schema ottico annovera ben 7 elementi di cui i 4 frontali spaziati ad aria. Al tempo una configurazione simile in un 50mm di luminosità contenuta era senza precedenti.

Nel corso degli anni le versioni Zeiss e Rollei hanno modificato il barilotto introducendo un maggior utilizzo di materie plastiche, ma lo schema ottico è rimasto invariato. Per le camere Voigtländer VSL l’obiettivo fu prodotto in montatura M42 e identificato come Voigtländer Color-Ultron; per via dell’attacco a vite, facilmente adattabile, questi esemplari sono i più ricercati. Sui mercati germanici del blocco orientale l’obiettivo fu inizialmente proposto con la denominazione Oberkochen Opton Pl HFT; gli esemplari di questa versione, tutti di produzione Zeiss, sono i più rari e costosi. La qualità ottico/meccanica è sostanzialmente la stessa in tutte le versioni e le HFT non mostrano evidenti vantaggi nel contenimento dei riflessi interni.

A f/1.8 aberrazione sferica, flare di coma e aberrazioni cromatiche riducono visibilmente il contrasto, tuttavia la risoluzione in asse è molto buona sin dalla piena apertura. A quest’impostazione i bordi esprimono un livello di nitidezza visibilmente inferiore del centro; ai margini del frame i dettagli più fini non sono proprio distinguibili. Questi commenti poco lusinghieri sono condizionati perlopiù dall’esame sulle mire ottiche, ossia da soggetti bidimensionali ad alto contrasto. Dalle prove al di fuori del laboratorio emerge che un’adeguata post produzione, senza troppe difficoltà, può rendere incisive e brillanti anche le immagini realizzate a f/1.8. Per fare qualche esempio, il calo del potere risolvente ai bordi estremi del fotogramma è in gran parte legato all’astigmatismo, un’aberrazione che ha spesso poca rilevanza su soggetti diversi da una mira ottica o da una scritta; il ridotto contrasto in area centrale è conseguenza anche di un marcato color fringing, che nelle applicazioni di ritratto ha poche possibilità di emergere; e così via. Va comunque considerato che la ridotta acutanza alla massima apertura rende un po’ difficile individuare con precisione il piano di fuoco; quasi tutti i 50/1.4 chiusi uno stop riescono a fare di meglio. Da f/2.8 la storia cambia completamente, quasi tutto il fotogramma offre un contrasto, una risoluzione e una pulizia che ben poche ottiche del tempo possono vantare. Solo i bordi estremi restano indietro, ma è una differenza che si nota perlopiù sulle mire ottiche, conseguenza come detto di un certo astigmatismo e di una leggera curvatura di campo. Ai margini del frame si possono ancora notare delle aberrazioni cromatiche, ma solo in situazioni molto difficili e in misura decisamente contenuta. A f/4 la correzione ottica sale soprattutto ai bordi, che acquistano maggiore incisività, avvicinando la propria resa a quella centrale, dove i margini di miglioramento sono davvero minimi. A f/5.6 l’obiettivo rilascia il suo pieno potenziale e produce immagini pressoché perfette a tutto campo.

A f/1.8 è percepibile una leggera vignettatura. La distorsione è irrilevante.

L’interpretazione dei colori, particolarmente vivida, rivela un picco di saturazione sui rossi e una generale dominante rossa, visibile soprattutto sui toni neutri e sugli incarnati. Questo tipo di risposta cromatica caratterizza tutte le versioni di questo obiettivo, incluse le HFT.

La trama dello sfocato è piuttosto nervosa, specialmente alla massima apertura, ma le transizioni fuoco-fuori fuoco sono graduali.

Per quanto riguarda la resistenza ai riflessi interni l’obiettivo riesce quasi sempre a mantenere un buon contrasto e ad evitare pesanti velature. Tra f/1.8 e f/2.5, però, in situazioni di forte controluce si crea un vistoso flare circolare, talvolta a cerchi concentrici iridescenti. Inoltre la presenza di ampie sorgenti luminose all’interno del frame può produrre evidenti fenomeni di glow anche a f/2.8, creando grosse difficoltà nella ripresa di soggetti in controluce.

Per quanto concerne la meccanica, i modelli con ghiere in metallo offrono quanto di meglio si possa chiedere a una lente fotografica. La ghiera della MAF di questi obiettivi scorre in maniera perfettamente omogenea, non produce il minimo gioco e offre una resistenza che permette la massima precisione sia a mano libera che col follow focus. Le versioni con ghiere gommate non trasmettono la stessa sensazione di solidità e precisione, ma sono comunque ottime.

Il primo clic del diaframma dopo f/1.8 è f/2.8 in tutte le versioni.

Da segnalare che l’Ultron offre l’angolo di campo più stretto tra tutti i 50mm di questo compendio.

In conclusione si tratta di un 50mm di ottima qualità a partire da f/2.8, ma considerando la resa a f/2 esistono sicuramente ottiche vintage molto più performanti, soprattutto per quanto riguarda il contenimento dell’aberrazione cromatica laterale e la nitidezza a bordo frame.