Attacco EF
La sud coreana Samyang Optics distribuisce i propri obiettivi sotto vari marchi (Samyang, Rokinon, Walimex, Bower, Vivitar, Pro Optics) in base al paese in cui vengono esportati. Il brand più diffuso in Europa è appunto Samyang. Sono lenti di progettazione e produzione contemporanea, ma alcune di esse hanno ragione di appartenere a questo compendio in quanto completamente meccaniche. La Samyang Optics produce anche gli obiettivi cinematografici Xeen, che ad esclusione del 16mm sono tutti rehousing delle Samyang manuali, dalle quali si distinguono per la costruzione meccanica e per il trattamento antiriflessi.
La qualità ottico/meccanica delle Samyang manuali, sulla carta, è in genere buona e i prezzi sono competitivi, talvolta persino inferiori a quelli delle controparti vintage, spesso molto meno luminose. Il problema risiede nell’inaffidabilità delle linee di assemblaggio e dei controlli qualità. Gran parte degli obiettivi Samyang esce sul mercato con gravi difetti; non di rado è necessario acquistare cinque o sei copie di uno stesso obiettivo per trovarne una ben riuscita.
I Samyang interamente meccanici si dividono in due linee: quella fotografica e quella che un tempo era chiamata “Video”, mentre ora, per ragioni squisitamente commerciali, viene definita “Cine”. Negli obiettivi di questa seconda categoria la ghiera dei diaframmi scorre in maniera fluida e offre una dentatura standard per il follow focus, presente anche sulla ghiera della MAF. In queste ottiche la luminosità viene indicata come valore T anziché f. Da segnalare che in alcuni casi la ghiera del diaframma è così poco frizionata che se non è accoppiata a un follow focus si rischia di muoverla senza neppure accorgersene.
Sulle lenti Cine di seconda generazione, identificate dal numero romano “II” presente sul barilotto dopo la sigla UMC, che identifica il trattamento antiriflesso proprietario, le scale delle distanze e dei diaframmi sono bilaterali, cosicché possono risultare facilmente leggibili a un eventuale primo assistente. In queste ottiche aggiornate la posizione delle ghiere è livellata tra i vari modelli per facilitare il cambio lente. Qui finiscono le differenze tra gli obiettivi fotografici e quelli Cine.
Nonostante il prezzo decisamente più elevato, i modelli destinati all’utilizzo video non si distinguono da quelli a uso fotografico né per la qualità costruttiva né per la corsa di fuoco, che nella maggior parte delle focali è inadeguata all’impiego cinematografico. Se tuttavia l’obiettivo è quello di acquistare un modello fotografico per risparmiare ma si ha intenzione di decliccarne la ghiera del diaframma e di applicare sia su quella che sulla ghiera del fuoco una cinghia per il follow focus, ha molto più senso scegliere direttamente un modello Cine.
Tutti gli obiettivi Samyang qui selezionati mantengono la propria lunghezza a prescindere dalla distanza di fuoco. Questa è una caratteristica pressoché introvabile tra le ottiche vintage ed estremamente preziosa quando si utilizza un matte box non clamp-on.
Di base le ghiere dei diaframmi dei Samyang fotografici offrono il clic a ogni mezzo stop, ma talvolta, in genere tra gli ultimi due valori, il clic è riservato agli stop interi.
Tutti gli obiettivi Samyang vengono venduti con un paraluce incorporato o a corredo.
Il 16/T2.6, rehousing dell’omonimo Xeen, è il solo obiettivo Cine che non abbia una controparte in versione fotografica, mentre il 24/3.5 Tilt/Shift è esclusivo della linea indirizzata ai fotografi.
È dall’inizio del 2020 che Samyang sta rinnovando le proprie ottiche manuali, sia Cine che fotografiche, introducendo gli obiettivi MKII, facilmente distinguibili per l’estetica all-black. I modelli fotografici di questa nuova linea offrono la possibilità di far lavorare la ghiera dei diaframmi con o senza scatti, assottigliando ulteriormente le differenze tra lenti Cine e fotografiche. Va comunque detto che anche una volta decliccata la ghiera dei diaframmi non scorre in maniera fluida e regolare come quella delle ottiche cinematografiche e che essendo molto stretta è difficile montarci una ghiera dentata per il follow focus.
Rispetto ai modelli precedenti, gli MKII introducono modifiche minime dal punto di vista ottico – quantomeno a giudicare dagli MTF ufficiali – ma presentano un barilotto tropicalizzato, un diaframma a nove lame curve e un prezzo di vendita decisamente più alto. Di questa nuova linea di obiettivi ho avuto modo di testare solo il fotografico 85/1.4 e il Cine 135/2.2.
Il sito di riferimento per le ottiche Samyang è Samyang Lens.
Samyang UMC Fish-Eye CS II 8/3.5
Samyang VDSLR UMC Fish-Eye CS II 8/3.5
Uno strappo alla regola in quanto a luminosità massima, dovuto all’assenza di alternative.
Peculiarità di questo fisheye è la riproduzione semistereografica, responsabile di un livello di distorsione in prossimità dei bordi del fotogramma decisamente inferiore a quello prodotto dai fisheye convenzionali. È la prima ottica di questo genere, è un brevetto proprietario Samyang.
A f/3.5 la nitidezza è appena sufficiente, sia la risoluzione che il contrasto si attestano su livelli piuttosto bassi. A f/5.6 l’obiettivo diventa pienamente utilizzabile, anche se di certo non brilla e produce immagini che richiedono sempre un’attenta post produzione. Chiudere ulteriormente il diaframma non apporta vantaggi significativi in termini di correzione ottica.
La vignettatura a f/3.5 è ben visibile, ma da f/5.6 diventa irrilevante.
La resistenza ai riflessi interni è buona, mentre le aberrazioni cromatiche sono molto elevate a qualsiasi diaframma, specialmente ai bordi.
Il paraluce a petalo è removibile solo nella versione II.
Nella versione fotografica la ghiera dei diaframmi non offre clic tra f/3.5 e f/5.6 ma presenta una spaziatura sufficiente a impostare valori intermedi.
Tutte le copie testate hanno presentato seri problemi di wiggle e solo 1 su 4 era in grado di raggiungere l’infinito, al prezzo però di una minima distanza di fuoco che non scendeva sotto i 50cm. Le indicazioni delle distanze sulla ghiera della MAF si sono rivelate del tutto inaffidabili in qualsiasi esemplare. È senza dubbi il Samyang dotato della peggiore qualità meccanica.
Samyang ED AS NCS CS 10/2.8
Samyang VDSLR ED AS NCS CS 10/T3.1
Samyang VDSLR ED AS NCS CS II 10/T3.1
La corsa di fuoco è ridotta, ma in un obiettivo di questa focale e luminosità risulta gestibile.
La nitidezza in asse è buona sin dalla piena apertura, per quanto il contrasto risulti un po’ debole. Da f/4 a f/8, in aria centrale, i risultati sono ottimi. La nitidezza all’estremo fuori asse è sufficiente a f/2.8, si fa buona a f/4 e molto buona tra f/5.6 e f/8. In questa zona, è chiaro, la percezione della nitidezza è spesso condizionata da una forte deformazione volumetrica.
Le aberrazioni cromatiche sono ben contenute, così come il coma.
La distorsione è imponente e complessa.
La vignettatura a f/2.8 è invasiva, si dimezza a f/4 e diventa pressoché nulla a f/4.5.
La resistenza ai riflessi interni è molto buona, soprattutto in considerazione del tipo di ottica.
La lente frontale bombata non permette l’utilizzo di filtri a vite, né è presente sul barilotto uno slot posteriore per filtri quadrati. Il paraluce a petalo, non removibile, può causare qualche problema con le luci parassite se si utilizza un matte box.
Samyang ED AS IF UMC 14/2.8
Samyang VDSLR ED AS IF UMC 14/T3.1
Samyang VDSLR ED AS IF UMC II 14/T3.1
Nonostante si tratti di un obiettivo full frame, la distorsione è evidente anche su sensori Super35. Il difetto è decisamente eccessivo per riprese architettoniche e accenna un andamento a baffo verso i bordi estremi. È questo l’unico vero difetto di un’ottica altrimenti eccellente.
La vignettatura a f/2.8 è ben visibile, supera uno stop agli angoli del frame; da f/4 è oltre che dimezzata e da f/5.6 diventa irrilevante.
Risoluzione e contrasto sono molto buoni sin dalla piena apertura su tutto il frame; i bordi sono poco più deboli del centro. A f5/6 i margini estremi restano ancora leggermente indietro rispetto all’asse ma la qualità è ottima su tutto il fotogramma.
Considerata la focale, la curvatura di campo è straordinariamente bassa.
Le aberrazioni cromatiche sono contenute sin da f/2.8; a partire da f/5.6 si notano esclusivamente ai bordi del fotogramma e in condizioni di luce estreme.
Sin dalla piena apertura il coma è quasi assente anche ai margini del frame.
In situazioni di controluce si nota un evidente abbassamento del contrasto, ma i riflessi parassiti e i fenomeni di ghosting sono minimi.
La meccanica è buona e la corsa di fuoco è eccellente, considerate focale e luminosità massima.
Attorno alla lente frontale, marcatamente convessa, non è presente una filettatura per i filtri; questi possono essere utilizzati, in forma quadrata, sfruttando lo slot davanti alla lente posteriore.
Il paraluce incorporato, a petalo, è solidale col barilotto e non può essere rimosso; questo causa difficoltà nell’utilizzo di un matte box.
Quattro delle sei copie testate non focheggiavano oltre 1-2 metri a causa di un’incorretta registrazione di fabbrica.
Non esistono ottiche vintage facilmente adattabili a Canon EF in grado di associare una focale così corta a una luminosità così elevata. È per questo che il Samyang merita di essere considerato nonostante gli ovvi limiti imposti dall’esorbitante distorsione geometrica.
La versione MKII, che non ho ancora avuto modo di provare, offre più o meno le stesse prestazioni ottiche del modello qui recensito, quantomeno stando agli MTF ufficiali, ma presenta un barilotto tropicalizzato e un diaframma de-cliccabile a nove lame.
Samyang ED AS UMC CS 16/2
Samyang VDSLR ED AS UMC CS 16/T2.2
Samyang VDSLR ED AS UMC CS II 16/T2.2
La proiezione di quest’obiettivo è limitata alla copertura del formato APS-C.
Le prestazioni ottiche sono di tutto rispetto, il solo vero punto debole del Samyang 16/2 è la ridotta corsa di fuoco. Considerata la lunghezza focale decisamente breve e l’assenza di buone alternative, ho deciso d’introdurre comunque quest’obiettivo tra i consigliati.
Risoluzione e contrasto sono più che sufficienti su gran parte del fotogramma sin dalla massima apertura. E’ solo ai bordi estremi che si può notare un calo evidente della resa ottica, afflitta anche da una prevedibile curvatura di campo. In quanto a nitidezza le immagini a f/2 risultano comunque soddisfacenti nella maggior parte dei casi. La situazione migliora in maniera decisa a f/2.8 e ancor più a f/4, diaframma al quale la correzione ottica raggiunge livelli molto buoni su tutto il quadro.
Le aberrazioni cromatiche sono contenute, si manifestano più che altro ai bordi del campo quando si lavora alla massima apertura.
La distorsione è elevata in termini assoluti ma in linea con quanto ci si può aspettare da un buon 16mm. Verso i bordi estremi l’andamento a barilotto passa a cuscinetto, introducendo una leggera complessità, visibile solo in presenza di geometrie ben definite.
La vignettatura è marcata a f/2 ma molto graduale e quindi raramente fastidiosa. Da f/4 è pressoché nulla.
La lente frontale sporgente non aiuta il contenimento dei riflessi parassiti, che si manifestano con una certa facilità; d’altro canto l’ottima resistenza al flare riesce sempre a mantenere il contrasto a un buon livello.
La resa del fuori fuoco è abitualmente morbida anche in presenza di soggetti difficili, ma gli highlight disc tendono a mostrare un certo nervosismo.
Considerati prezzo, lunghezza focale e luminosità, questo Samyang è un obiettivo che sorprende. Dopo averne testati sei per trovarne uno centrato in maniera decente, però, si capisce come possa esistere. In ogni caso è un vero peccato che la corsa di fuoco non sia più generosa.
Samyang ED AS UMC 20/1.8
Samyang ED AS UMC 20/T1.9
La corsa di fuoco è inadeguata all’utilizzo video, ma data la scarsità di opzioni in questa focale ho deciso di allargare le maglie.
Se le condizioni di luce sono favorevoli e il soggetto è in zona centrale, le immagini che il Samyang produce a f/1.8 possono offrire una qualità più che sufficiente. A quest’apertura l’aberrazione sferica è chiaramente visibile, ma il coma è contenuto anche ai margini del frame. Chiudendo mezzo stop la qualità d’immagine migliora in maniera decisa, il contrasto sale, la risoluzione periferica aumenta e il glow delle alte luci si fa quasi nullo. Da f/2.8 l’obiettivo è pienamente utilizzabile. Contrasto e risoluzione sono molto buoni, solo i bordi estremi restano visibilmente indietro, offrendo risultati accettabili ma lontani da quelli centrali. La correzione del coma è perfetta sin quasi agli angoli. Da f/4 l’obiettivo offre immagini tecnicamente ottime su gran parte del campo. Chiudendo ulteriormente la situazione migliora soprattutto ai bordi, che comunque restano visibilmente inferiori al centro, causa anche un’accentuata e persistente curvatura di campo.
Alla minima distanza di fuoco l’obiettivo mantiene una buona qualità se chiuso almeno a f/2.8; alle aperture superiori l’immagine è velata e molto suscettibile alle aberrazioni cromatiche.
Le aberrazioni cromatiche, in zona centrale e alla piena apertura, sono difficilmente visibili e comunque non fastidiose; vengono praticamente soppresse già a f/2.8. Ai margini del frame la situazione è diversa: la chiusura del diaframma sorte l’effetto opposto e le aberrazioni cromatiche aumentano all’aumentare del contrasto, risultando ben visibili persino a f/8. A ogni modo è raro che il difetto comprometta l’immagine, sia per l’intensità che per la collocazione periferica all’interno del fotogramma.
La vignettatura è trascurabile a partire da f/2.8 e la distorsione è contenuta. La resistenza ai riflessi interni è ottima sia per quanto riguarda il flare che le immagini fantasma.
La riproduzione del fuori fuoco a f/1.8 può risultare piuttosto nervosa, specialmente a causa del bordo netto che caratterizza gli highlight disc a quest’apertura. A partire da f/2.5 lo sfocato si fa tendenzialmente morbido e progressivo ma gli highlight disc, seppur liberi dalla marcata bordatura, restano caratterizzati dalle classiche trame “ad anelli di cipolla” tipiche degli obiettivi asferici.
La ghiera della MAF è ampia e ben frizionata, si muove in maniera fluida e precisa. Nel maneggiare l’obiettivo è bene fare attenzione alla lente posteriore che sporge oltre la baionetta quando il fuoco è su infinito.
Samyang AS IF UMC 85/1.4
Samyang VDSLR AS IF UMC 85/T1.5
Samyang VDSLR AS IF UMC II 85/T1.5
Un’ottima lente, in grado di competere con qualsiasi controparte dell’era analogica.
Per trovare una copia ben centrata ne ho dovute acquistare 6. Le prime due erano talmente fuori collimazione che il margine estremo sinistro del frame risultava decisamente più nitido del centro.
La resa alla massima apertura è debole, contrasto e risoluzione sono contenuti, le alte luci presentano un glow elevato e le aberrazioni cromatiche sono ben visibili. Sono risultati che non impressionano ma che eguagliano o superano quelli offerti dalle migliori ottiche vintage di pari specifiche. A f/2 l’aberrazione cromatica laterale si riduce su tutto il frame e l’effetto glow sulle alte luci è quasi nullo. Contrasto e risoluzione sono buoni a tutto campo e la nitidezza fuori asse è di poco inferiore al centro. Da f/2.8 la qualità d’immagine è molto buona a tutto campo e da ogni punto di vista. Da f/4 a f/8 la resa è ottima da un angolo all’altro del frame, sebbene nella riproduzione dei dettagli più fini, a bordo fotogramma, si possa notare un lieve astigmatismo. La vignettatura è irrilevante a partire da f/2, la distorsione è quasi assente e la resistenza ai riflessi interni è allineata più con la media delle ottiche vintage che con quella delle lenti moderne. L’aberrazione cromatica longitudinale inizia a ridursi solo a partire da f/4; un comportamento tipico per un obiettivo non apocromatico di questa focale.
La riproduzione del fuori fuoco è morbidissima e progressiva. Ai diaframmi più aperti gli highlight disc possono mostrare bordi colorati dalla distorsione cromatica, mentre più in generale sono condizionati dalla presenza della lente asferica, che come al solito marchia le bokeh ball con una leggera texture “ad anelli di cipolla”. Entrambi i difetti sono contenuti e difficilmente possono distrarre o incidere in maniera significativa sulla piacevolezza del fuori fuoco. Il diaframma a otto lame leggermente curve trasforma i circoli di confusione in ottagoni ben definiti già a partire da f/2.8.
Dove quest’obiettivo delude è nella minima distanza di fuoco, che ammonta a ben 110 cm. Su sensori Super35, girando in 16:9, siamo al limite del primissimo piano.
La qualità meccanica è buona, nessuna copia ha mostrato problemi di wiggle durante l’utilizzo a mano libera, ma tutte hanno presentato questo difetto, seppur in forma ridotta, quando accoppiate a un follow focus. La corsa di fuoco non è ottimale ma è comunque buona. Il barilotto mantiene la propria lunghezza durante la focheggiatura e non pone il minimo problema su camera rig completi.
La versione Cine presenta una ghiera della MAF molto leggera ma comunque precisa, perfetta per il follow focus ma non proprio ideale per l’utilizzo a mano libera.
La versione fotografica MKII, che ho provato in una sola copia, offre più o meno le stesse prestazioni ottiche del modello precedente. Dal punto di vista meccanico questa nuova edizione si distingue per due caratteristiche principali: il barilotto tropicalizzato e il diaframma de-cliccabile a nove lame curve che rende le bokeh balls ennagonali a partire da f2.8. L’esemplare da me testato non presenta alcun wiggle ma possiede una ghiera della MAF molto frizionata che risulta piacevole nell’uso a mano libera ma mette sotto sforzo i follow focus.
Samyang ED UMC 135/2
Samyang VDSRL ED UMC 135/T2.2
Le prestazioni ottiche sono eccellenti. Dal punto di vista tecnico è il miglior obiettivo dell’intero compendio. Sempre a patto di reperire una copia ben riuscita.
Contrasto e risoluzione sono ottimi sin dalla piena apertura; è più che altro il contrasto a trarre un leggero giovamento dalla chiusura del diaframma. Le aberrazioni cromatiche sono minime e visibili solo in situazioni estreme. Sorprende soprattutto il contenimento dell’aberrazione cromatica longitudinale, quasi assente anche a f/2. Solo i migliori obiettivi apocromatici riescono a fare altrettanto. La minima distanza di fuoco è di appena 80 cm e persino a quest’impostazione il Samyang produce immagini brillanti sin dalla piena apertura. La resistenza ai riflessi interni è molto buona, si possono verificare fenomeni di ghosting ma le immagini mantengono quasi sempre un buon contrasto. La vignettatura a f/2 è visibile ai margini estremi del frame nell’ordine di 1/3 di stop; a f/2.8 è sostanzialmente nulla. La distorsione è impercepibile.
Il fuori fuoco è riprodotto con morbidezza, le transizioni sono delicate e gli highlight disc, che assumono forma ennagonale a partire da f/4, risultano puliti. Solo sulle lunghe distanze di fuoco e con soggetti complessi lo sfocato tende a mostrare un certo nervosismo.
Nonostante il peso e le dimensioni generose l’obiettivo non offre un attacco per il treppiedi, tuttavia tra la lente frontale e la ghiera del fuoco è presente una superficie immobile abbastanza larga da accogliere un supporto lente per camera rig, mentre fra la ghiera dei diaframmi e quella del fuoco si trova una seconda area stabile abbastanza ampia per un collare di piccole dimensioni. La corsa di fuoco di soli 180° è senza dubbio limitante; per ottenere un’adeguata libertà e precisione nella focheggiatura è indispensabile moltiplicare l’angolo di rotazione tramite follow focus.
Tutte le copie che ho testato erano esenti da problemi di wiggle ma possedevano una ghiera della MAF che ruotava in maniera non perfettamente omogenea e a mio avviso eccessivamente frizionata, soprattutto in direzione infinito. Ruotando la ghiera verso la massima disstanza di fuoco si sentiva anche un leggerissimo effetto vibrazione accompagnato a un suono di sfregamento. Questo in tutti gli esemplari testati.
La versione Cine MKII, che ho provato in una sola copia, offre le stesse prestazioni ottico-meccaniche del modello precedente, si distingue solo per la veste nera e il barilotto tropicalizzato.